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“L’incontro e il dialogo”

La recensione

Un breve trattato del beato Pierre Claverie

Pierre Claverie nacque nel 1950 in Algeria, all’epoca colonia francese. Dopo gli studi di ingegneria entrò nell’Ordine dei Frati Predicatori. Nel 1965 venne ordinato presbitero e nel 1981 venne nominato da san Giovanni Paolo II vescovo di Orano. Insieme al suo autista morì nel 1996 per l’esplosione di una bomba. Nel 2018 il cardinale Angelo Giovanni Becciu, Prefetto della Congregazione per le cause dei santi, presiedette la concelebrazione durante la quale venne letto il decreto di papa Francesco con cui venne proclamato beato e martire insieme a diciotto compagni, tra cui i famosi monaci trappisti di Tibhirine. Le Edizioni parigine du Cerf nel 2004 pubblicarono il testo di un corso di esercizi spirituali, tenuto a più riprese dal beato Claverie a diversi uditori tra il 1985 e il 1995. Ora quelle meditazioni sono tradotte in italiano dalle Edizioni Studio Domenicano come “L’incontro e il dialogo. Breve trattato” (pp 168, euro 13).

Come si evince dal titolo, il tema principale è appunto il vivere la fede cristiana nel contesto del mondo arabo. Come si rileva nello scorrere delle pagine, emergono però preziose indicazioni culturali e spirituali ancora valide dopo diversi decenni e anche in Occidente. È in effetti stimolante il metodo suggerito per il confronto tra le religioni: partire non da un minimo comune denominatore artificiosamente elaborato ma dalle differenze riconosciute, accettate e messe in discussione. Quindi non un irenismo di facciata a tutti i costi ma un dialogo tra persone consapevoli della propria identità ma disponibili a lasciarsi arricchire dalle intuizioni altrui. «Amare l’altro nella sua diversità è il solo modo di amare. Diversamente, ci divoriamo a vicenda». Interessante anche la definizione di «martirio bianco», ossia «il dono della vita goccia a goccia in uno sguardo, in una presenza, in un sorriso, in un’attenzione, un servizio, un lavoro, in tutto quello che fa sì che la vita che ci anima venga condivisa, donata, consegnata. È là che disponibilità e abbandono diventano martirio; l’importante è non tenere per sé la vita». Insomma, anche se il tempo e il luogo in cui queste riflessioni maturarono risultano molto distanti da noi, è davvero arricchente la lettura di questo libro.

Fabrizio Casazza

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