Settimana Santa
“Sei giorni prima della Pasqua”. Comincia così il bellissimo testo del vangelo di Giovanni (Gv 12,1-11) che racconta di Gesù a Betania, nella casa di carissimi amici, quando Maria lo unge con del costosissimo profumo di nardo; ma lasciamo la parola al Vangelo: «Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betania, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui gli fecero una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell’unguento» (Gv 12, 1-3). Tutta la casa si riempie di quell’aroma meraviglioso e a Giuda che lamentava uno spreco enorme, Gesù risponde: «Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura» (Gv.12,7).
Il gesto di Maria è esemplare: dice l’amore spropositato per Gesù, un amore senza calcolo (il valore di quel profumo era di trecento denari! Cioè il corrispettivo di un anno di buon salario. Oggi lo potremmo quantificare attorno ai 25 mila euro!) ma è anche e soprattutto teologico! Ci rivela cioè qualcosa di Dio scopriremo andando oltre. Gesù le chiede di conservare il profumo per il giorno della sua sepoltura e potrebbe sembrarci strano, visto che lo ha appena utilizzato per ungere i suoi piedi e tuttavia credo – e mi piace pensare che sia così – che Gesù con quelle parole le abbia voluto dire: «Continua ad amarmi così, con la stessa intensità, senza calcoli, senza timori, senza indugi anche nella mia morte. Ho bisogno di ricevere il tuo amore; come un balsamo profumato, che unge e deterge le ferite e le umiliazioni».
Anzi, mi sembra quasi che le chieda di conservare proprio per quel momento di umiliazione e di morte, tutta la forza, la tenerezza e la misericordia dell’amore. Dopo pochissimi giorni, questa unzione dal profumo mistico trova la sua applicazione concreta nel gesto compiuto da Gesù nell’ultima cena quando lava i piedi ai discepoli, come se volesse esplicitare quel gesto dal valore soprannaturale; l’amore si rivela come umile servizio; l’amore non chiede nulla in cambio ma si offre totalmente nel profumo della carità che rinnova la creazione. Il vaso di alabastro – prezioso anch’esso – spezzato perché possa fuoriuscire il profumo non è che la prefigurazione del cuore spezzato di Gesù da cui sgorga il suo amore; un amore che ridona dignità. L’opera del diavolo invece, non è altro che il distruggere la dignità dei figli di Dio; egli intende ferire Dio umiliando la sua creazione.
Per questo Gesù si è fatto uomo; “umiliò sé stesso assumendo la condizione di servo” per ridonare la dignità di figli a noi che l’avevamo perduta. Il gesto di lavare i piedi, antico gesto del servo nei confronti del padrone, rivela quasi uno scambio di ruoli per mostrare che l’opera della redenzione si realizza riaccogliendo a casa il figlio prodigo e ridonandogli la dignità. Quanto ci rivela la parabola del figlio prodigo, riletta in quest’ottica! Gesù, in ogni suo gesto, non ha fatto altro che ridare dignità: all’adultera disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e non peccare più».
Però Gesù umiliò sé stesso non solo spogliandosi della gloria divina, ma accettando anche l’umiliazione dei servi; lo vediamo in tutta la sua cruda realtà leggendo in questi giorni il racconto della Passione: nel sinedrio è umiliato dagli scribi e dai sacerdoti; nel pretorio dai soldati romani che lo ridicolizzano con un mantello di porpora, un bastone in mano e il capo coronato da spine: una grottesca rappresentazione di un re; sputi, schiaffi, percosse, derisioni, umiliazioni… deriso e umiliato da coloro che, da sotto la croce lo scherniscono e lo invitano a scendere. Quante umiliazioni! E la più feroce di tutte è quella della morte in croce come un malfattore!
Eppure di fronte a tutto ciò ecco l’amore silenzioso! Ecco l’amore fatto misericordia: «Oltraggiato non rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta» (1Pt 2,23), perché la misericordia è l’unguento profumato che ridona dignità all’uomo, che ripulisce il suo volto dalla sporcizia e dal sangue per ristabilirlo nella sua integrità. La misericordia è il profumo con il quale il Signore unge l’umanità devastata e umiliata dal peccato e dalla Morte; il suo Spirito-Amore il balsamo con il quale risana le ferite e fa risplendere la bellezza della sua creazione.
Ecco allora che in questa Pasqua saremo nuovamente intrisi di quel profumo che aprirà i nostri sepolcri restituendoci alla Vita! E il cuore dell’uomo, trasformato a sua volta dalla Grazia, sarà come un vaso di alabastro contenente il Crisma profumato dello Spirito-Amore che Dio ha riversato nei cuori perché con esso potessimo ungere tutti coloro che sono devastati e umiliati dalla morte, dalla solitudine, dalla malattia e dal peso della vita.
Come il buon samaritano anche noi ameremo l’uomo con le sue ferite e nelle sue ferite e così gli ridaremo dignità e bellezza; quando daremo una carezza a un povero – oltre che un pane da mangiare – gli avremo restituito la dignità; quando avremo visitato i carcerati, vestito gli ignudi, avremo ridato la dignità all’uomo; e quando avremo perdonato di cuore chi ci ha fatto del male e avremo lavato i piedi con un sorriso all’arrogante e al violento, senza ricorrere all’arroganza e alla violenza… e quando abbracceremo una prostituta per sottrarla alla nudità dello spirito avremo ridato dignità alla vita. Ogni gesto d’amore e di misericordia, anche il più piccolo, può diventare per chiunque occasione di risurrezione, occasione per ridare dignità all’uomo, perché la gloria di Dio… è l’uomo vivente!
Padre Giorgio Noè