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«Immagino ci guardi sorridendo nel vedere tanto clamore intorno a lei»

A nove anni dalla Nascita al Cielo di Chiara Corbella Petrillo

Il 13 giugno ricorre il nono anniversario della nascita al cielo di Chiara Corbella Petrillo, scomparsa a 28 anni per avere rinviato le cure di un carcinoma, scoperto in gravidanza, a dopo la nascita del terzo figlio, nato perfettamente sano dopo altri due bambini sopravvissuti solo pochi minuti al parto a causa di gravi malformazioni congenite. Il 21 settembre 2018, decimo anniversario del matrimonio con Enrico Petrillo, si è aperta a Roma la sua causa di beatificazione. Vi proponiamo un estratto dell’intervista che il papà di Chiara, Roberto Corbella, ha rilasciato a Giovanna Pasqualin Traversa, e che trovate su www.agensir.it.

Roberto, che figlia è stata Chiara?

«Era una bambina sempre allegra, sorridente e positiva, molto amante degli animali come la sorella Elisa. Abbiamo una casa con il giardino dove loro raccoglievano perfino i merli che cadevano dal nido e che tenevamo in una gabbia per proteggerli dai gatti. Perché abbiamo avuto gatti, cani, tartarughe; insomma un vero zoo, con relativi funerali e sepoltura in giardino quando non sopravvivevano. Soccorrevano perfino gli scarafaggi quando si rivoltavano a pancia in su. Durante una gita scolastica a San Pietro, Chiara ha trovato un piccione ferito, lo ha raccolto e portato a casa per curarlo. Di lei ricordo l’amore e la grande attenzione per le persone, ed anche per gli animali. Era molto sensibile ed empatica: attraeva compagni e amici perché sapeva ascoltare. E pur essendo molto convinta delle sue idee, anche della sua fede, non era mai arrogante».

Ma come è nata in lei una fede così profonda?

«Il merito è della mamma: è stata lei la chiave d’accesso portando fin da piccole le bambine in un gruppo di preghiera del Rinnovamento nello Spirito. Ogni giorno, malgrado gli impegni della scuola e le attività musicali e sportive, le bambine si chiudevano almeno un quarto d’ora nella loro stanza per pregare. Chiara faceva dei bellissimi disegni, prendeva appunti e dialogava fiduciosa con il Signore e con la Madonna, facendo loro domande. Era il suo momento di riflessione».

Quindi lei e sua moglie Maria Anselma avete percepito fin da quando era piccola la sua vicinanza a Dio.

«Assolutamente sì. La mamma la seguiva molto in questo e Chiara viveva con la massima naturalezza, senza alcuna ostentazione, la sua fede che testimoniava con semplicità e coerenza, senza pretendere di imporla e senza giudicare chi aveva una visione diversa dalla sua. Ma quello che vorrei sottolineare è che non era affatto bigotta: amava lo sport – ha praticato atletica e ginnastica artistica – e la musica. Ha studiato pianoforte e poi ha preferito passare al violino. Era ironica e autoironica, amava gli scherzi, era molto curiosa e amava viaggiare. Aveva anche dei corteggiatori che con garbo ha sempre scartato fino a quando ha incontrato Enrico. E lì è partita in quarta liquidando tutte le mie raccomandazioni di non avere fretta: “Papà non hai capito: io questo me lo sposo”».

Chiara ha conosciuto Enrico a Medjugorje, una località che rivestirà un ruolo importante nella sua vita.

«Sì. Lo ha conosciuto nel 2002 a 18 anni, raggiungendo lì la sorella dopo un viaggio in Croazia. E lì è tornata per fare chiarezza sulla sua scelta durante un fidanzamento burrascoso, durato sei anni ma scandito da rotture e riavvicinamenti continui. Chiara parlava con il Signore come con un amico al quale chiedeva di aiutarla a capire se Enrico era l’uomo giusto per lei. Con il Signore aveva un colloquio continuo, gli si affidava con fiducia. Per questo, dopo aver saputo di essere malata terminale volle tornare a Medjugorje e chiese letteralmente: “Signore mi devi far capire se è giusto che io muoia e raggiunga i miei figli, oppure se mi fai la grazia della guarigione”».

E che risposta ha ricevuto?

«Uso gli stessi termini di Chiara nel riferircela: “La risposta è stata: chiedere la grazia di vivere la grazia, ossia se è meglio per me e per quelli che stanno intorno a me che io me ne vada, va bene, ma aiutaci ad accettarlo”».

Una ragazza così quanto insegna ai propri genitori?

«Moltissimo. Qui la situazione è capovolta».

Che cosa c’è dietro il sorriso luminoso che Chiara non ha mai perduto, nonostante la morte precocissima dei suoi primi due bambini e la sua grave malattia?

«La mia risposta può apparire banale: dietro il suo sorriso c’è Chiara e basta. Lei era così».

Lei ha detto che non voi avete accompagnato Chiara alla fine, ma è stata lei ad accompagnare voi…

«Sì; Chiara ha detto testualmente alla madre: “Ho chiesto al Signore di lasciarmi qui fin quando voi non sarete pronti”».

Il 21 settembre 2018, decimo anniversario del suo matrimonio, si è aperta la causa di beatificazione di Chiara. Come immagina oggi sua figlia?

«Sempre sorridente e, conoscendola, anche un po’ divertita nel vedere tanto clamore intorno a lei».

Giovanna Pasqualin Traversa
Agensir.it

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