Papa Francesco
Sono trascorsi 30 anni dalle stragi di mafia del 1992. Il 23 maggio di quell’anno, il magistrato Giovanni Falcone e la sua scorta vennero fatti saltare in aria a Capaci; mentre 57 giorni dopo, martedì 19 luglio, un’esplosione in via d’Amelio uccise il magistrato Paolo Borsellino e la sua scorta. Per celebrare questo drammatico anniversario, riportiamo le parole di papa Francesco, durante l’incontro per il trentennale dell’istituzione della Direzione investigativa antimafia (Dia), di giovedì 23 giugno.
«Le mafie vincono quando la paura si impadronisce della vita, ragion per cui si impadroniscono della mente e del cuore, spogliando dall’interno le persone della loro dignità e della loro libertà. […] Il pensiero mafioso entra come facendo una colonizzazione culturale, al punto che diventare mafioso è parte della cultura, è come la strada che si deve fare. No! Questo non va. Questa è una strada di schiavitù […] È necessario che tutti, a ogni livello imbocchino decisamente la strada della giustizia e dell’onestà. E, laddove ci sono state connivenze e opacità, occorre studiarne le cause, lasciando il giusto spazio a una salutare “vergogna“, senza la quale il cambiamento non è possibile e la collaborazione reciproca per il bene comune rimane una chimera».