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Francesco Faà di Bruno/1

Mi ricordo…

La realtà storica e geografica nella quale si sviluppa, nell’Ottocento, la vita di Francesco Faà di Bruno è quella del Monferrato, tra colline e vigneti, sulle rive del torrente Belbo dove c’è il castello di Bruno. Nel mio ricordo questo paese si collega a Matilde Parodi di Ovada la quale ogni anno, il 13 dicembre, si recava ad Alessandria presso la Chiesa di S. Lucia illuminata per la festa della santa. Matilde era un’insegnante specializzata per i portatori di handicap e aveva una casa di campagna a Bruno, luogo a lei caro; era figlia dell’insegnante elementare Giacomo, pioniere e fondatore, negli anni dopo la prima guerra mondiale, degli scout cattolici).
Tornando all’argomento, come ricorda Bruno Ferrero, autore della biografia “Francesco Faà di Bruno – Storia di un genio formidabile”, Editrice Velar, Torino, 2017: a Bruno «vivevano I Marchesi Faà, padroni ma umani.
Il motto era arcigno come il castello, né col ferro nè col fuoco». Qui nacque il 29 marzo 1825 Francesco Faà di Bruno. La sua famiglia era di antica nobiltà. Di solito nella vita dei santi la mamma ha un ruolo particolare, e quella di Francesco, Carolina, anche se orfano, a sei anni, trasmise religiosità e senso del dovere.
Il motto materno era: «Non è difficile essere buoni. Basta voler fare il bene per farlo».
Questo fu un pensiero-guida per Francesco e una provocazione per cercare la carità e la gloria di Dio. Morendo la mamma, vi fu per Francesco un forte cambiamento. Il Padre cercò una formazione educativa nel Collegio San Giorgio di Novi Ligure, diretto allora dai Padri Somaschi e poi dagli Orionini. Ricordo, al proposito, avendo esercitato per due anni l’incarico di Presidenza statale a Novi Ligure, che è stata una scuola attiva e popolosa; ma l’edificio attualmente è in desolante abbandono, tranne la vicina Chiesa che è officiata per i fedeli. Qui Francesco compì il corso di Retorica nell’anno 1840 all’età di 15 anni. Nell’agosto 1940, superata l’ammissione, entrò nell’Accademia Militare di Torino, fu nominato luogotenente; il titolo nobiliare gli permetteva di frequentare la corte Reale, fu infatti amico di Re Vittorio Emanuele II.
Erano gli anni della riscossa nazionale, nella I guerra d’Indipendenza e Faà di Bruno fu aiutante di Carlo Alberto. Questi i primi decenni della sua vita, ma la formazione in seguito avvenne a Parigi: frequentò i corsi di scienze naturali alla Sorbona, a Parigi infatti incontrò Federico Ozanam, il Fondatore della S. Vincenzo.
Nella capitale Francesco divenne allievo di celebri maestri e in soli due anni si laureò in Scienze matematiche. Faà tenne la cattedra fino alla fine della vita. Nel soggiorno parigino Francesco, che era un intellettuale e un docente universitario, avvertiva in se stesso la frase di S. Paolo: «L’amore di Cristo ci spinge».
Ritornò a Torino nella parrocchia di S. Massimo e incominciò a conoscere i problemi delle “servette”, le giovani domestiche. Egli sentì di fare cose consistenti per queste lavoratrici che erano una vasta classe ed una forza-lavoro diffusa.
(continua)

Flavio Ambrosetti

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