La recensione
È sempre più frequente vedere gente che entra in una chiesa senza un comportamento differente rispetto a quello che adotterebbe all’ingresso di un bar, di un ristorante, di un cinema, di uno stadio. Si è perso il senso stesso di edificio sacro: non solo da parte delle folle di turisti stranieri ma anche nei nostri piccoli paesi. Una delle cause può essere l’ignoranza circa il valore e i significati soggiacenti alle varie parti che compongono l’aula ecclesiale.
Ben venga allora il libro La domus ecclesiæ, appena pubblicato dalle edizioni San Paolo (pp 271, euro 20), che illustra, come recita il sottotitolo, i luoghi della celebrazione, raccogliendo articoli scritti per alcune riviste di formazione liturgica dall’illustre autore. Si tratta in effetti di monsignor Diego Giovanni Ravelli, che è estremamente competente in materia non solo per essere Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie e Consultore del Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ma anche per aver conseguito in precedenza il dottorato in liturgia presso il Pontificio Istituto di Sant’Anselmo in Roma. È da raccomandare la lettura anche delle note, ricche di dotti riferimenti e di proposte concrete.
Un primo segno è la porta, spesso varcata, come si diceva, con noncuranza ma che, in realtà, è un’icona di Cristo stesso. L’ambone, inizialmente di legno e mobile, diventa via via in muratura o pietra, elevato, a volte a tre ripiani, ed è icona del santo sepolcro, luogo per eccellenza di annuncio della risurrezione: per questo non va utilizzato per commenti o interventi vari. Il battistero, dopo l’uso nelle case, nasce sulle antiche terme come edificio a sé stante, finché nel XVI secolo viene collocato in una cappella all’ingresso della chiesa. L’altare, inizialmente un tavolino ligneo a tre piedi, nel IV secolo diventa unico, in pietra e di forma cubica; nel VI secolo appaiono gli altari laterali, passando poi da mensa per la celebrazione a mensola allungata per sorreggere il tabernacolo.
L’Eucaristia, conservata nelle case e portata con sé durante i viaggi, trova una collocazione propria nelle chiese a partire dal IX secolo, generalmente in sacrestia, poi in tabernacoli a muro e dal XVI secolo al centro dell’altare maggiore, mentre oggi si suggerisce una cappella apposita. La cattedra vescovile e la sede presidenziale inizialmente erano collocate al centro in fondo all’abside (come nella cattedrale di Salerno); lo spostamento dell’altare indusse a trasferire il seggio a lato del presbiterio trasformandosi gradualmente in un trono, oggi assolutamente da evitare.
Il luogo della celebrazione della penitenza ne ha seguito le complesse evoluzioni storiche: oggi dovrebbe guardare all’altare, luogo del banchetto festoso successivo al pentimento, come nella parabola del padre misericordioso, o trovarsi vicino alla porta, come segno del passaggio a una vita nuova.
Insomma, questo libro è prezioso perché porta a comprendere che i luoghi stessi della celebrazione, opportunamente valorizzati e custoditi, parlano al credente, gli trasmettono segni, principi, ideali del vangelo e del Credo della Chiesa.
Fabrizio Casazza