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Il sapere serve solo per darlo

Nel centenario della nascita

In occasione dei cento anni dalla nascita del priore di Barbiana (27 maggio 1923) la Diocesi di Alessandria, la Città di Alessandria e l’Isral, in collaborazione con l’Azione Cattolica, il Meic e il Centro di cultura-gruppo operatori dell’Università Cattolica, allestiscono una mostra didattica sulla figura di don Milani e sul metodo educativo di Barbiana.
Cent’anni fa, il 27 maggio 1923, nasceva Lorenzo Milani, che nel breve arco della sua vita, da giovane rampollo della borghesia intellettuale fiorentina si trasformerà nell’icona “don Milani”, faro della contestazione sessantottina e dell’«obbedienza non è più una virtù», ma in fondo, semplicemente, prete esigente, maestro dei ragazzi più poveri, guida e ispiratore per intere generazioni di educatori.
Lorenzo Milani nasce a Firenze da una ricca famiglia fiorentina, in un contesto culturalmente stimolante, improntato ad una rigorosa libertà intellettuale, lontano dal pensiero cristiano ed anzi piuttosto anticlericale. Lui stesso riceverà il battesimo soltanto da ragazzino e stupirà tutta la sua famiglia con l’ingresso in seminario nel 1943; il 13 luglio 1947 è ordinato prete.

Già la prima esperienza pastorale è l’incontro con una realtà sconosciuta, dopo gli anni dorati dell’infanzia e l’isolamento del seminario. È destinato a Calenzano, piccolo centro agricolo abitato da contadini e operai. È proprio per loro che don Lorenzo fonda una scuola popolare, aperta a tutti senza distinzioni confessionali o culturali.
Forse proprio per il suo atteggiamento aperto e libero, a tratti anticonformista e provocatorio, don Lorenzo viene spesso criticato e nel 1954 è trasferito a Barbiana, un villaggio sperduto tra le montagne del Mugello, una parrocchia che stava per essere accorpata. Il 7 dicembre 1954, a piedi e sotto la pioggia battente, il priore è accolto da una piccola chiesetta e da qualche decina di case sparse sui monti, senza corrente elettrica e senza strade carrabili; in tutto circa un centinaio di anime.
Sarà quella la vera conversione di don Milani, che ammetterà di imparare molto di più lui dai suoi ragazzi, di quanto possa insegnare. A Barbiana dominano la povertà e l’emarginazione, che conducono i giovani – bambini in realtà – all’abbandono scolastico e al lavoro minorile: ricco dell’esperienza precedente don Milani non si rassegna ma immediatamente si mette al servizio degli ultimi, come sa fare.

A pochi giorni dal suo arrivo don Lorenzo comincia a radunare i giovani in canonica, tiene un doposcuola e nel 1956 organizza per i primi sei ragazzi, che avevano terminato le elementari, una scuola di avviamento industriale. È questa la famosa Scuola di Barbiana nella quale Milani darà vita ad un nuovo modello educativo che susciterà l’attenzione del Paese intero. L’educatore, per il prete Lorenzo Milani, deve avere come modello il buon samaritano, che non si preoccupa soltanto di portare a Dio l’uomo ferito, ma insieme si impegna a curarlo, lo rialza, rendendolo più responsabile di sé, aiutandolo a liberarsi da ogni forma di schiavitù.
Proprio insieme ai suoi ragazzi il priore di Barbiana scriverà la Lettera a una professoressa (1967), che inizia proprio come una lettera ad una insegnante: «Cara signora, lei non ricorderà nemmeno il mio nome, ne ha bocciati tanti…» e prosegue con l’accusa alla scuola di non svolgere il compito affidatole nientemeno che dalla Costituzione della Repubblica.

La contestazione pratica messa in atto a Barbiana, riguardava i metodi ma anche i contenuti arretrati del sistema italiano, insieme al rifiuto dei meccanismi fortemente selettivi della scuola (voti, esami, bocciature), con la richiesta di un diritto allo studio per tutti i cittadini, a prescindere dalla condizione sociale di partenza.
A cento anni dalla sua nascita rimane attuale la parola di questo prete “ribelle” ed ancora urgente la riflessione sul ruolo della scuola e sulla vocazione degli educatori, chiamati ad insegnare sempre ai loro giovani a prendere la parola.
La mostra didattica, visitabile dal 2 al 13 maggio prossimi, vuole proprio essere uno stimolo a continuare questa riflessione e mettere nuovamente al centro della comunità giovani, famiglie ed educazione.

don Stefano Tessaglia

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