Papa Francesco
«Un infaticabile ricercatore del vero, che come tale rimane sempre inquieto, attratto da nuovi e ulteriori orizzonti». Così papa Francesco, nella lettera apostolica “Sublimitas et miseria hominis”, scritta in occasione del quarto centenario della nascita del filosofo francese, definisce Blaise Pascal.
«Né la sua conversione a Cristo, a partire specialmente dalla “Notte di fuoco” del 23 novembre 1654, né il suo straordinario sforzo intellettuale di difesa della fede cristiana, hanno fatto di lui una persona isolata dal suo tempo» il ritratto del Papa: «Era attento ai problemi allora più sentiti, come pure ai bisogni materiali di tutte le componenti della società in cui viveva. Apertura alla realtà ha significato per lui non chiudersi agli altri nemmeno nell’ora dell’ultima malattia».
«Come cristiani dobbiamo tenerci lontani dalla tentazione di brandire la nostra fede come una certezza incontestabile che si imporrebbe a tutti» scrive Francesco, osservando che Pascal «aveva certamente la preoccupazione di far conoscere a tutti che Dio e il vero sono inseparabili, ma sapeva che l’atto di credere è possibile per la grazia di Dio, ricevuta in un cuore libero».