“Fede&Psiche” di Enzo Governale
Non posso nascondere che lo spot dell’Esselunga mi abbia toccato personalmente e profondamente. In un istante la mia ferita è tornata a bruciare bagnata dal senso di colpa di una decisione che è in bilico tra l’egoismo degli adulti e la necessità di salvaguardare la felicità dei propri figli. Dopo i racconti di molte storie simili alla mia che ho ascoltato in questi anni, mi sento di poter dire che, talvolta, per un figlio è molto più dannosa una convivenza infelice tra i genitori che il dolore inevitabile che comporta una separazione. Non possiamo però negare che una separazione può essere un grande dolore per un bambino che continua a coltivare un’immagine idealizzata della propria famiglia unita.
Come sappiamo, questo spot ha spaccato l’opinione pubblica dividendo gli italiani in divorzisti e antidivorzisti che, dopo tanti anni, hanno potuto nuovamente trovare un campo di gioco. Ma la realtà è ben diversa. Il grande dolore provocato dalla bambina che porge la pesca al padre facendo da mediatrice tra lui e la madre ci ha ferito semplicemente perché non è facile arrendersi a una realtà dolorosa: sempre più famiglie si sciolgono nella fragilità del compito genitoriale. La separazione è sempre un lutto e, per quanto si possa parlare di separazione senza danni, che i bambini abbiano due case non può essere considerata una soluzione felice. La scena della consegna della pesca è quasi come un pugno allo stomaco, ma purtroppo è anche la migliore delle risoluzioni: molte realtà sono decisamente peggiori della tristezza che provoca questo spot.
Un adulto, davanti a questo spot si chiede: come mai la bambina, nonostante abbia ben compreso che i suoi genitori sono separati, cerca ancora una volta di tornare indietro? Se potessimo idealmente intervistare la bambina di quello spot, ci rivelerebbe una verità sconcertante, ovvero il desiderio di amare i propri genitori nonostante la separazione. Un legame che non può essere spezzato, neanche dal lutto della separazione. Ogni genitore separato sa che non può separare la propria libertà personale dalla responsabilità illimitata che comporta l’essere padre o madre di un figlio. La vera domanda che dobbiamo porci è: come ci guardano i nostri figli?
Lo spot Esselunga mi ha ricordato gli studi di John Bowlby che, nella sua teoria dell’attaccamento, intuì come la relazione con la madre (o sostituto) nei primi mesi di vita rivesta un ruolo centrale nell’individuo, influenzando lo sviluppo della sua personalità. L’esperimento, chiamato “strange situation”, si concretizza in 20 minuti di osservazione in cui si trovano in una stanza il bambino, la mamma e un estraneo. In quella occasione si possono osservare i diversi comportamenti e le reazioni emotive del bambino in presenza della madre, al momento della separazione da questa e in compagnia di un estraneo. Da qui Bowlby decifrò i diversi stili di attaccamento: sicuro, insicuro ansioso ambivalente e insicuro evitante.
Questo spot ha messo tutti gli italiani che lo hanno guardato in una “strange situation”, e probabilmente ciascuno ha reagito in funzione del proprio rapporto con la separazione. Un po’ come in una grande seduta psicoanalitica collettiva, che parla alle paure e ai sensi di colpa degli italiani. In questi anni molte volte mi sono chiesto come sia possibile vivere da cristiani una separazione, e purtroppo non ho ancora trovato una risposta. Quello che ho capito è che, prima di vivere il mio ruolo di genitore separato, devo imparare a vivere la mia vita di fede consegnando le mie paure e i miei sensi di colpa nelle mani dell’unica Madre, con la quale desidero avere un “attaccamento sicuro”.