Dal 22 luglio al 4 agosto, in canoa sul fiume Po. Direzione Venezia
«Due settimane fuori dalla vita frenetica, per fare esperienza di Dio»
La Diocesi di Alessandria torna sul Cammino di San Marco. Il pellegrinaggio, guidato dal nostro Vescovo monsignor Guido Gallese, partirà lunedì 22 luglio e terminerà domenica 4 agosto: due settimane di navigazione sul Po, prima di arrivare alla Basilica di Venezia, davanti alla tomba dell’apostolo Marco. Come nel 2021 viene proposta la versione sul fiume, con gli spostamenti che avverranno in canoa (ma si può fare anche a piedi e in bicicletta). Un percorso di circa 650 chilometri che toccherà quattro regioni (Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto), e dieci diocesi, più l’arcidiocesi di Venezia.
«Il Cammino si inserisce all’interno del progetto di San Marco che oggi viene seguito, in tutte le sue fasi di crescita, dall’impresa Salve della Diocesi di Alessandria. Tutto nasce dall’intuizione del nostro Vescovo monsignor Guido Gallese che, dopo aver compiuto diversi cammini in Italia e in Europa, ha avuto l’idea di tracciare una linea di cammino permanente sui passi dell’apostolo Marco. A partire dalla Cattedrale di Alessandria, sino alla Basilica di San Marco a Venezia. Un progetto articolato che vede la collaborazione dei Comuni, delle Diocesi, delle associazioni di canottieri e di tutti gli enti che desiderano partecipare alla costruzione di questa opera permanente». A spiegarcelo è Carlotta Testa, responsabile della Pastorale giovanile e vocazionale della nostra Diocesi e organizzatrice del Cammino di San Marco.
Carlotta, perché riproporre il Cammino di San Marco?
«Per far sì che le belle opportunità della Chiesa non siano solo un “fulmine a ciel sereno”. Vogliamo dare la possibilità ad altri giovani e ad altre comunità, lungo il territorio che attraverseremo, di fare questa esperienza. La bellezza del Cammino, così come lo abbiamo strutturato noi, non sta soltanto nella navigazione sul Po e nel percorso spirituale attraverso il Vangelo di Marco, ma anche nell’incontro con tutte le comunità diocesane e gli oratori che, tappa per tappa, si offrono di accoglierci e di incontrarci. Arrivata a questa terza edizione, mi sono resa conto della bellezza di riprendere il Cammino: molte delle comunità in cui eravamo già stati, quando le abbiamo contattate, ci hanno detto che erano contente e in attesa del nostro ritorno. Questo significa che davvero stiamo costruendo: non soltanto 15 giorni di esperienza, ma un’opera pastorale che si intreccia tra le varie Diocesi e coinvolge molto le persone, come abbiamo visto. Devo anche confessare che, giunti alla terza edizione, tante incognite logistiche sono ormai un ricordo del passato (sorride). E quindi si può investire su altri aspetti… mi viene in mente la tappa di Revere, in provincia di Mantova: la Provvidenza ha voluto che, sia nelle due prime edizioni sia in questa, cadesse proprio in occasione della festa patronale del paese. Dunque, con il vicesindaco del Comune stiamo pensando come rendere l’arrivo dei nostri pellegrini una tappa della loro festa comunitaria. Un momento significativo che, peraltro, vedrà una serie di attività: la cena in piazza, le autorità e, quest’anno, anche il nostro Vescovo».
Quanti iscritti ci sono già, e come fare per aggiungersi?
«Gli iscritti sono già una decina, quest’anno abbiamo alzato a 20 il numero di partecipanti. Vogliamo mantenere un gruppo piccolo, che favorisce questo tipo di esperienza. Per avere informazioni è possibile visitare le pagine Facebook e Instagram del Cammino di San Marco, o scrivere a giovani@diocesialessandria.it».
Il Cammino di San Marco è stato anche un punto di svolta e di cambiamento, umano e di fede, per molti. Così come ci racconta Gloria La Barbera, studentessa universitaria di 22 anni, che ha partecipato all’edizione del 2021. E quest’anno ha deciso di partecipare attivamente all’organizzazione del pellegrinaggio.
Gloria, come ti sei imbattuta nel Cammino di San Marco?
«Ci sono finita, inaspettatamente, nel 2021, grazie all’invito e al racconto di questa esperienza da parte di una mia amica. Mi ha convinta il fatto che fosse qualcosa di decisamente diverso rispetto a ciò che fanno dei giovani “normali” durante un’estate “normale” (sorride). Sono partita come una ragazza con un’educazione cattolica, ma che non conosceva, e mai avrebbe potuto immaginare, cosa volesse dire vivere una vita di fede. Durante il Cammino ho potuto fare una prima vera esperienza di comunità, di preghiera, di condivisione delle proprie riflessioni e dei propri dubbi».
Cosa è cambiato concretamente nella tua vita?
«Il Cammino è stato un punto di svolta nella mia vita. La fede e le relative domande hanno letteralmente aperto un mondo dentro di me e ogni ambito della mia esistenza, non solo quello spirituale, ne è stato influenzato. Sto parlando di ambiti come quello relazionale, con la famiglia e con gli amici, psicologico, fisico. È un percorso lungo e tortuoso che ha richiesto, richiede, e richiederà una vita intera, ma ne vale la pena. Il Cammino non posso non portarlo nel cuore: è tutto partito lì, su quella canoa».
L’aspetto che ti ha colpito di più?
«In un tipo di esperienza come questa, in cui ci sono poche persone, hai la reale occasione, da un lato, di farti conoscere, e dall’altro, di confrontarti veramente con chi ti sta accanto. Sei, in un certo senso, “costretto” a metterti in gioco proprio perché nel venire a contatto con il vissuto e le difficoltà degli altri, entri in contatto con la tua storia. Nella vita comunitaria tutto viene a galla e grazie a un’esperienza totalizzante come questa, dalle difficoltà, anche fisiche, che si vivono, nasce un percorso di grande grazia».
E oggi sei entrata nell’équipe degli organizzatori.
«Tra il 2021 e il 2024 abbiamo fatto altre esperienze con la Diocesi, come il Cammino di Santiago e la Giornata mondiale della Gioventù a Lisbona, ma il Cammino di San Marco è stato il primo, ed è rimasto nel mio cuore. Ho deciso, quindi di entrare in prima persona nell’organizzazione, da un parte, per il significato che ha per me, dall’altra perché credo molto in questo progetto, così vicino a noi, la partenza del Cammino è qui, a due passi, e con un potenziale così grande. Desidero dare una mano e coinvolgermi affinché possa essere conosciuto da più persone possibili e possa essere un punto di svolta nella vita di altri pellegrini, come lo è stato per me».
Gloria, invita un giovane a partire con voi.
«Vieni, prova, sono solo due settimane: due settimane di verità, due settimane fuori dalla vita frenetica, due settimane di profonda introspezione. Vivrai momenti in cui hai la possibilità, ed è una rarità nell’esistenza odierna, di staccare dal mondo e di meditare non solo sulla tua vita personale, ma anche su Dio. E, soprattutto, di farne esperienza».
Carlotta, concludiamo con te. Il tuo invito al Cammino di San Marco?
«Racconto un aneddoto su un mio studente di quinta che si trova alle soglie del viaggio di Maturità, e ha davanti diverse opzioni: Formentera, Ibiza o Gallipoli. Ma continua a chiedermi del Cammino di San Marco, perché ha intuito che c’è qualcosa in questa proposta. Che c’è un Bene, con la “B” maiuscola. Anche se questa esperienza ha degli aspetti di fatica, non solo fisica, c’è l’intuizione di un Bene presente in quei giorni. E quindi ti lanci, ti butti. Alla fine credo che la vera paura sia solo nostra nel proporre esperienze di questo tipo. Abbiamo paura di fare proposte coraggiose e di metterci in gioco. Invece dobbiamo insistere su questa dimensione. Mettendoci in viaggio sui passi dall’apostolo Marco».
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LA STORIA DEL CAMMINO
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