Apertura della Porta Santa: al via il Giubileo per gli 850 anni della Diocesi
L’omelia di domenica 10 novembre del cardinal Giuseppe Versaldi, già Vescovo di Alessandria e prefetto emerito della Congregazione per l’educazione cattolica
Le letture della Parola di Dio che abbiamo ascoltato, tratte dalla liturgia del nostro Santo Patrono, S. Baudolino, di cui ricorre oggi la festa, ben si accordano con l’inizio dell’anno giubilare diocesano simbolicamente significato dall’apertura della Porta Santa della nostra bella Cattedrale. Nella prima lettura, tratta dal profeta Isaia, abbiamo sentito risuonare le parole con cui il Signore consacrava il profeta con la sacra unzione e lo mandava “a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà agli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore”. Sono parole che ben si adattano a descrivere la testimonianza che la tradizione ci consegna del Santo Patrono, il quale, lasciando una vita agiata, si ritirò in solitudine per essere in continua comunione con Dio, ma che si sentì chiamato, come appunto Isaia, a portare la Buona Novella del Vangelo ai miseri accompagnando l’evangelizzazione con doni straordinari che alleviavano il popolo di Dio da sofferenze e violenze. Così la sua fama si di use e continuò anche dopo la sua morte (a.744) tanto che, quando secoli dopo fu fondata la città di Alessandria, Baudolino fu proclamato patrono della città e le sue spoglie furono poi trasferite nella cattedrale di Alessandria. Questa devozione è giunta fino ai nostri giorni e noi siamo chiamato a raccogliere e trasmettere questa testimonianza che ha segnato la storia di questa terra, i cui abitanti sovente sono ricorsi alla intercessione del loro Santo Patrono ricevendovi grazie e favori. L’odierna celebrazione liturgica coincidenza con gli 850 anni dalla fondazione di questa nostra diocesi, fortemente voluta dal popolo alessandrino e concessa da Papa Alessandro III, è una provvidenziale occasione per rinnovare la devozione a questo Santo e per imitarne l’esempio. L’apertura del Giubileo in diocesi, indetto sapientemente dal Vescovo Guido, ci porta a rinnovare l’impegno per una nuova evangelizzazione del nostro popolo in considerazione del necessario rinnovamento della Chiesa dovuto ai mutati contesti culturali e sociali in un mondo sempre più secolarizzato e privato della gioia del Vangelo. Il Giubileo è quell’ “anno di grazia del Signore” di cui parla ancora il testo di Isaia, in cui si fa più abbondante la misericordia del Signore come manifestazione del suo amore verso gli uomini anche oggi con il cuore spezzato bisognosi di essere curati e consolati dalle molte piaghe che li affliggono. S. Baudolino ha sentito, come S. Paolo (2° lett.), la necessità di annunciare il Vangelo: “Guai a me se non annuncio il Vangelo” (1 Cor 9,16). E tanta fu la sua opera di evangelizzazione tra la gente da essere equiparato alla figura di Vescovo, pur rimanendo nella sua condizione di eremita. Possiamo ben dire che il Santo ebbe gli stessi sentimenti di Cristo che, come ci ha ricordato il brano del Vangelo, “vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore” (Mt 9,36). Anche oggi molte sono le folle che soffrono e perdono la speranza nel loro futuro in un mondo che sembra aver dimenticato gli orrori del passato e ripercorre le vie della violenza, dell’odio e della disperazione. Questo Giubileo diocesano precede e si sovrappone al prossimo Giubileo della Chiesa universale voluto da Papa Francesco e ne condivide il significato: è un forte richiamo alla “speranza che non delude”, come inizia la Bolla di indizione di Papa Francesco. Per questo facciamo nostro l’invito che il Papa rivolge ai credenti, cioè di essere “pellegrini della speranza”. Questa virtù, sovente dimenticata, ma quanto mai necessaria, nasce dall’amore che Dio manifesta per l’intera umanità. Infatti, come uomini di fede crediamo che Dio non ci ha mai abbandonati perché, come afferma S. Paolo, “se quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita” (Rm, 5,10). Proprio quando si fanno più forti i motivi di pessimismo e disperazione noi cristiani siamo chiamati ad ancorarci alla speranza per poterla diffondere attorno a noi. Una speranza che non esclude di condividere le sofferenze e le difficoltà del tempo presente, ma che si fonda non già sulle nostre povere capacità umane, ma sulla certezza dell’intervento vittorioso di Dio nella storia umana. S. Paolo ancora ci invita ad essere “lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera” (Rm 12,12) per poter testimoniare il modo credibile e attraente la fede e l’amore che portiamo nel cuore. Papa Francesco nella citata Bolla di indizione dell’anno giubilare, ci ricorda quali sono le ragioni della speranza cristiana. In primo luogo, la speranza si radica nella fede della vita eterna che ci permette di vivere in questo mondo senza lasciarci vincere dalla disperazione perché, anche se viviamo ora in mezzo alle sofferenze, siamo già illuminati dalla luce che proviene dalla vita eterna a cui siamo chiamati per condividere l’eredità di felicità che Cristo ci ha meritato riconciliandoci con il Padre. Papa Francesco così si esprime: “Noi, in virtù della speranza nella quale siamo stati salvati, guardando al tempo che scorre, abbiamo la certezza che la storia dell’umanità e quella di ciascuno di noi non corrono verso un punto cieco o un baratro oscuro, ma sono orientate all’incontro con il Signore della gloria. Viviamo, dunque, nell’attesa del suo ritorno e nella speranza di vivere per sempre con Lui” (n. 19). È questa convinzione di essere destinati alla felicità eterna che deve essere rinnovata nei nostri cuori per poter celebrare efficacemente il Giubileo come anno di grazia. Una felicità non effimera e passeggera, ma definitiva perché, come dice ancora S. Paolo, “sono persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore” (Rm 8, 38-39). Il Papa ci invita a rendere visibile nelle opere questa nostra incrollabile speranza sapendo dare risposta ai bisogni del nostro tempo. Molti sono questi segni indicati da Papa Francesco. […]
cardinal Giuseppe Versaldi