«E nel 2025 partiranno i lavori a favore del recupero della facciata»
A un anno dalla chiusura della Porta Santa e dell’Anno Giubilare straordinario dedicato ai 400 anni dell’edificazione del Duomo di Valenza, proseguono le iniziative per celebrare uno degli edifici più importanti e simbolici della città dell’oro.
Il Comune di Valenza, insieme all’ufficio dei beni culturali della Diocesi di Alessandria, presieduto dal prof. diac. Luciano Orsini, unitamente alla parrocchia della Collegiata valenzana ha commissionato al maestro Luigi Cerino Badone la realizzazione di una medaglia celebrativa (realizzata in 100 copie) dedicata a Santa Maria Maggiore, Duomo di Valenza.
«L’interesse verso il nostro Duomo è stato voluto e, spero, celebrato perché è la storia di Valenza. Non è soltanto celebrazione, sono le tradizioni e la nostra cultura. Noi siamo questo. Noi siamo il nostro Duomo. E dobbiamo celebrarlo al meglio, con delle opere che rimangano. Nelle due facciate della medaglia c’è il riassunto di quello che è la nostra storia. Per me questa iniziativa ha un sapore particolare, perché sono cresciuto in questo Duomo, ma spero che le nostre iniziative possano toccare tutti» ha spiegato ai giornalisti il sindaco di Valenza, Maurizio Oddone.
Nella conferenza stampa di presentazione, tenutasi giovedì 23 gennaio a Palazzo Pellizzari, oltre al primo cittadino erano presenti il vicesindaco Luca Rossi, l’assessore Rossella Maria Renza Gatti, il maestro Cerino Badone e il professor Orsini, al quale abbiamo chiesto di spiegarci di che cosa si tratta.
Professor Orsini, parliamo degli eventi per i 400 anni del Duomo.
«Gli eventi in occasione dei 400 anni di costruzione del Duomo di Valenza avrebbero dovuto essere celebrati negli anni passati, ma a causa del Covid non abbiamo potuto svolgere effettivamente tutte le manifestazioni che erano state programmate. L’intervento che il Comune ha promosso nei confronti della comunità cattolica di Valenza, ma anche nei confronti di quella comunità che ha a cuore le bellezze artistico-storiche della città, ha provveduto alla redazione di un documento molto importante che si colloca giustamente a 100 anni dall’evento che lo ha preceduto. Sto parlando della pubblicazione della storia di Valenza intitolata “Memorie storiche valenzane” a opera del canonico Francesco Gasparolo. Nella stesura di questo suo lavoro di ricerca, Gasparolo è entrato effettivamente nelle pieghe della storia e dell’arte di tutte le vicende che hanno contrassegnato la crescita della città di Valenza a partire dall’età tardo-antica, cioè quando in Valenza esisteva soltanto una chiesa pievana sulla quale poi sono state edificate le altre, fino ad arrivare alla costruzione dell’attuale Duomo. Ecco, questo volume, che è stato voluto espressamente dal Comune, è stato scritto a più mani e porta a diverse testimonianze legate a questo ambito plurisecolare che, ripeto, non si estende esclusivamente fino e solo a 400 anni fa, ma va ben oltre. All’evento dell’edizione del volume si è associato quello del conio della medaglia».
Per quale motivo il Duomo di Valenza ha voluto essere commemorato con la coniazione di una medaglia?
«Perché la memoria della produzione delle medaglie, memoria storica, si mantiene nel tempo. Quindi immaginiamo cosa sarà, quando Valenza celebrerà i 500 anni, partendo dal conio di questa medaglia. Perché è proprio nella produzione della medaglia che si stende o, meglio ancora, si estende l’evoluzione del cammino di una comunità attraverso le immagini».
L’opera è stata realizzata dal maestro Cerino Badone.
«Il maestro Luigi Cerino Badone è ben noto anche e soprattutto oltre la cinta muraria di Valenza, perché la sua arte è famosa nel mondo. Il maestro è stato l’ideatore e poi l’esecutore del corredo (spilloni, croce, pettorale e gemelli del polsino della camicia) che il Santo Padre San Giovanni Paolo II ha ricevuto in occasione di uno dei suoi anniversari celebrati nel corso del suo pontificato. Ma, cosa ancora più importante e certamente significativa, è che San Giovanni Paolo II queste opere, realizzate da Luigi, le ha portate con sé nella tomba. È stato sepolto con la croce, gli spilloni e i polsini in oro che gli erano stati donati. E tutto ciò non esclude il fatto che molte statue di Madonne, non solo in Italia, sono cinte dalle corone ideate dal maestro, tutte poi benedette dal Pontefice. Quindi abbiamo a che fare con un “assoluto” nel campo dell’oreficeria sacra».
Professor Orsini, ci può illustrare la medaglia dal punto di vista artistico?
«La medaglia è stata pensata in modo che fossero rappresentate in termini non esclusivamente plastici, ma anche simbolici, le caratteristiche dell’evento che si voleva commemorare. Il verso, cioè quello che immediatamente colpisce l’occhio di chi la osserva, è segnato e raffigurato dalla riproduzione plastica del capolavoro del Gozzero che si conserva in Cattedrale e che è un quadro del XVII secolo, dove al centro troneggia l’immagine della Madonna che reca tra le braccia il bambino, quindi Santa Maria Maggiore, confortata, sorretta e contornata dalla rappresentazione dei due santi padroni di Valenza, che sono San Massimo e San Siro l’antico, che però potrebbe essere rappresentato anche nell’immagine di San Giacomo. Ecco, questo Giacomo, che è stato peraltro il primo Vescovo di Gerusalemme, quindi anch’esso Vescovo, simbolicamente raffigurato con la mitra e con il pastorale, dà proprio questa sensazione. Attenzione, però, che mentre San Massimo ha il ricciolo del Pastorale rivolto all’osservatore; San Siro, ovvero anche San Giacomo, ce l’ha rivolto verso sé stesso».
Se voltiamo la medaglia che cosa troviamo?
«Dall’altra parte della medaglia ci sono i segni identificativi, caratteristici del nostro Duomo, rappresentati nella fase centrale alla grande finestra che illumina l’interno della chiesa. Questa medaglia non è un conio fine a sé stesso, ma è un “libro” di racconti delle vicende storiche della nostra comunità parrocchiale, voluto principalmente dal sindaco Oddone che ha promosso l’iniziativa. Abbiamo inizialmente avuto qualche difficoltà nell’individuare colui che avrebbe fatto il conio, ma si è scelto Colombo, il miglior fornitore dei palazzi apostolici».
Oltre all’intento celebrativo, che cosa avete voluto rimarcare?
«Purtroppo, e questo succede a ciascuno, l’abitudine inganna: sia in campo artistico, sia in campo storico o spirituale, le cose ripetute perdono di senso. Ora, l’intento della pubblicazione e del conio della medaglia vogliono rappresentare alla memoria che le cose belle devono essere valutate per ciò che sono, e non sottovalutate per l’abitudine. Perché l’abitudine cancella i sentimenti. Quindi, la medaglia e la pubblicazione sono una proposta nei confronti di un sentimento che ciascun valenzano dovrebbe avere verso la radice che, 400 anni fa, ha promosso la ricostruzione di un tempio che è quattro volte più grande di quello che era prima. Ed è stato realizzato quando la popolazione di Valenza non era quella di oggi, era molto ristretta; lungimiranti, il progettista e i fautori di questa realizzazione hanno pensato che un giorno Valenza sarebbe stata più grande. E che, nella grandezza di Valenza intesa come rappresentazione della popolazione, la Chiesa Madre potesse accogliere tutti. Ora in questa Chiesa Madre, che oggi chiamiamo Duomo di Santa Maria Maggiore, vorremmo che fosse rappresentato lo spirito dei valenziani, comunque esso sia: la corda del cuore che consente alle vibrazioni di poter raggiungere chiunque, al di là di come ciascuno la pensi».
Ma c’è altro, vero?
«Sì, perché il ministero per le Infrastrutture ha fatto una concessione di 200 mila euro a favore del recupero della facciata del nostro Duomo di Valenza. L’operazione è assai più complessa di quella del conio della medaglia per l’infinità di pratiche amministrative: ma nel 2025 partiranno i lavori. Verrà rifatta l’immagine esterna del Duomo di Valenza perché possa tornare come in originale. Il ministero è stato particolarmente generoso con la Diocesi di Alessandria, perché ha concesso altri sostanziali contributi. Tra questi anche il recupero della struttura dell’ex convento dei frati francescani, dove oggi si trova l’espressione della carità trasformata in opere e dove quotidianamente decine e decine di persone in necessità trovano accoglienza, una buona parola e quanto serve per il loro sostentamento».