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Fede, amore e santità: ma di che parliamo? – L’editoriale di Andrea Antonuccio

Care lettrici,

cari lettori,

apriamo Voce con il Giubileo degli innamorati, in programma sabato 15 febbraio in Cattedrale. Ce lo raccontano, nell’intervista qui a lato, Diego e Larives, responsabili dell’ufficio famiglia diocesano (il programma dell’evento lo trovate nella locandina in ultima pagina). 

Il Paginone, come leggerete, è dedicato a Carlo Acutis, un ragazzo che noi di Voce conosciamo bene e che sarà canonizzato domenica 27 aprile durante il Giubileo degli adolescenti a Roma. Amore e santità: due questioni fondamentali per la nostra vita, che a volte sembrano viaggiare su binari paralleli. Forse abbiamo una concezione limitata di che cosa significhi essere santi, e un’idea nebulosa dell’amore. Chi è il santo? Che cosa vuol dire amare? E, aggiungo io: che cos’è la fede? 

Ci tremerebbero le vene e i polsi, se prendessimo sul serio questi interrogativi e non li relegassimo nella categoria dell’astrazione. Facciamo incontri, momenti di preghiera e convegni sulle mille “conseguenze” della fede (carità, pace, accoglienza, spiritualità…): servono davvero a vivere? La mia esperienza concreta, proprio quella di tutti i giorni, è che quando l’urgenza della domanda sulla fede non vive nello sguardo di un marito e di una moglie il matrimonio si indebolisce. 

Amare per tutta la vita, e ogni giorno anche un po’ di più, è umanamente impossibile (lo hanno detto anche gli apostoli a Gesù: «Se tale è il caso dell’uomo rispetto alla donna, non conviene prendere moglie»). Amare: cioè riconoscere che non l’hai “scovata” tu quella persona, ma Qualcuno te l’ha messa a fianco per la tua (e sua) santità. Quando non è così, quando facciamo da noi, la convivenza diventa un ricatto, una galera: insomma, l’amore diventa un “prodotto”, qualcosa che dipende dalla nostra performance quotidiana. 

Fede, amore e santità. La dinamica di questi tre è esattamente la stessa: riconoscere e accettare che c’è un Altro presente, che rende le cose più belle e più vere di quanto potremmo fare noi con le nostre sole forze. Rendersi conto che la realtà non siamo noi a realizzarla (nel senso più vero del termine) se non in minima parte, è la cosa più concreta e commovente che esista. Ci libera dall’essere “capaci“, dall’essere sempre i migliori.

Senza la coscienza di una dipendenza, come facciamo a capire che cosa sono fede, amore e santità?

Andrea Antonucciodirettore@lavocealessandrina.it

 

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