Don Mauro Mergola

Un cammino di vocazione e amore: parla don Mauro MErgola dopo il ciclo di incontri “Felici per l’eternità”

«Siamo chiamati a riflettere sul nostro progetto di vita alla luce della fede»

È terminato il ciclo di incontri “Felici per l’eternità”, organizzato dalla pastorale giovanile diocesana e dalla pastorale della famiglia: tre appuntamenti, con testimonianze e confronti, per riflettere sui temi di vocazione e amore. «L’intento era comunicare che ciascuno di noi è chiamato a riflettere sul proprio progetto di vita, alla luce della fede, non solo da un punto di vista psicologico. Questo progetto di vita è costituito da tre elementi. La vita è un dono, una risposta a una vocazione. La vita è esercizio della libertà con la capacità di compiere le scelte necessarie perché il fine per cui si esiste possa essere raggiunto: il tema del discernimento. E la vita è inserimento in una realtà umana, ecclesiale, comunitaria che ci accompagna. Questi tre grandi temi abbiamo provato a proporli attraverso delle esperienze personali e di coppia» spiega don Mauro Mergola (nel tondo), responsabile della pastorale giovanile della diocesi.

Don Mauro, hai parlato di progetto di vita. Cosa intendi?

«Abbiamo voluto indicare come il progetto di vita sia unico, seppure distinto nelle sue espressioni secondo gli ambiti in cui le persone vivono: il lavoro, la vita affettiva, il tempo libero, la gestione delle proprie risorse. E tutto va inserito in un unico progetto, in un’unica relazione che è il rapporto fondante con il Signore, attraverso il quale si mette ordine e si dà priorità secondo gli elementi essenziali di una vita: quella affettiva, poi quella professionale e formativa, e infine quella relazionale, in ambito più largo. Questo per evitare che, nella fase della giovinezza, si cresca con adesioni ed esperienze diverse che rischiano di andare avanti in modo parallelo: un aspetto che rende difficile la capacità, nei momenti di crisi, di fare delle scelte».

Tutto questo è passato nei tre incontri.

«Sì, attraverso testimonianze singole e di coppia. Nel primo incontro, sul tema della vocazione, abbiamo avuto il Vescovo che ci ha aiutato a comprendere come la Sacra Scrittura parlasse dell’uomo e della donna come risposta di coppia a essere immagine e somiglianza di Dio. E che la risposta a questa vocazione non è soltanto una risposta a un bisogno umano di affetto, ma un desiderio di Dio che passa attraverso le aspirazioni profonde del cuore di una coppia. Poi c’è stato l’intervento di una coppia, Stefano D’Arna e Vittoria Tavernesi, che ha condiviso la loro storia, molto travagliata soprattutto per la donna, che è passata da una nullità matrimoniale. Questo ci ha aiutato a capire come la risposta alla vocazione di Dio passa attraverso situazioni impreviste e imprevedibili, che richiedono una profonda comunione di visione e di vita della coppia».

Secondo incontro: il discernimento.

«C’è stata la riflessione del maestro dei novizi dei Salesiani che sta al Colle Don Bosco, don Enrico Ponte. Lui ci ha aiutato a riflettere su cosa significhi fare discernimento, che vuol dire imparare ad avere il coraggio di sognare e di fare scelte che possano portare verso cose grandi. Il discernimento è per cuori forti, per chi non si lascia prendere dallo spavento o chi preferisce stare comodo sul divano, come diceva papa Francesco. In questo cammino ci ha aiutato una coppia, Carolina e Alessandro Marocco, appartenente all’Adma, Associazione devoti di Maria Ausiliatrice. Ci hanno raccontato il cammino fatto da entrambi nella propria vocazione. E abbiamo compreso come l’autentica ricerca non ti chiude con dei pregiudizi, ma ti mette in discussione, proprio perché non è indifferente verso quale strada orientarsi».

Infine, l’accompagnamento.

«Ci si è chiesti se, in questo cammino, si è da soli oppure no. E abbiamo compreso che c’è la Chiesa ad accompagnarci: il Signor Gesù ci accompagna verso la pienezza del Regno, attraverso la Chiesa, dal nostro Battesimo fino al giorno delle nostre esequie. Allora abbiamo proposto ai giovani varie realtà di accompagnamento presenti nel territorio di Alessandria. C’è stato l’intervento dei coniugi Macario, responsabili zona dell’Équipe Notre-Dame, un movimento che ha cuore la cura del sacramento del matrimonio e la vita spirituale della coppia. Poi è intervenuta anche la presidente del Consultorio Ucipem della nostra diocesi, la professoressa Francesca Veronese: questa realtà aiuta persone e coppie che vivono momenti di difficoltà. E poi abbiamo concluso con la testimonianza di suor Mara Fassin, francescana angelina, legata alla famiglia religiosa di Castelspina, che ci ha raccontato il suo percorso di accompagnamento vocazionale nella vita religiosa».

Tu cosa hai portato a casa?

«Ho visto il desiderio di incontrarsi e fraternizzare. Questi incontri andavano dalle 19 alle 22, quindi c’era il momento di catechesi, ma anche la cena e le riflessioni insieme. E poi porto a casa l’esigenza di avere sempre una qualità, sempre più mirata, nella proposta. Da una parte dobbiamo evitare di essere dei venditori di prodotti, dei “piazzisti”; dall’altra parte, non dobbiamo nemmeno proporre un cliché tipico dei “boomer”, come si dice oggi, con una figura esperta che parla e gli altri che ascoltano. Infine, rimane il desiderio di approfondire il tema di fede e vita affettiva. In questo, il legame con la pastorale della famiglia, un altro elemento importante che ha collaborato con noi in questo percorso, che potrebbe continuare. Così come la lettura con un gruppo di giovani della Christus Vivit, in futuro potremmo guardare ai temi dell’Amoris laetitia, riletto in termini giovanili».

Oltre alla lettura in gruppo della Christus Vivit, c’è altro in cantiere?

«Il cammino di lettura e riflessione della Christus Vivit va avanti, siamo al quarto incontro: andremo avanti a gennaio, e le prossime date verranno rese note a breve. Con l’anno nuovo, in vista dei centri estivi, stiamo valutando con sacerdoti e laici se avviare, come Diocesi, un percorso di formazione per animatori ed educatori. Ci sono sensibilità diverse, e stiamo valutando che cosa può servire. E questa, naturalmente, non sarà soltanto una formazione a fare delle cose, ma a essere degli adulti che, attraverso l’educazione, propongono il loro percorso di fede».

Un augurio per questo Natale.

«In questo tempo di Natale verrà chiuso il Giubileo dedicato alla speranza. E, come ha detto papa Leone, l’augurio è che non sia soltanto la chiusura di una Porta santa, ma l’apertura di tante altre porte attraverso le quali, nella nostra vita quotidiana, possiamo dare e offrire speranza. Che la nostra pastorale giovanile possa essere un aiuto, perché la Chiesa possa essere rianimata, rinnovata e sostenuta da questa virtù fondamentale, questa virtù teologale che è la speranza. Se i giovani non portano speranza, sono già vecchi. E se la pastorale giovanile non è generatrice di speranza, e soltanto generatrice di attività, ma di un certo modo di essere presente nella Chiesa e di ravvivare la propria vita cristiana, non risponde alla sua missione e alla sua identità».

Alessandro Venticinque

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