Abbiamo celebrato il 25 aprile, festa della liberazione dell’Italia. Alessandria, oltre a essere stata l’ultima città ad essere bombardata, il 5 aprile 1945, è stata tra le ultime ad essere liberate: le trattative durarono dal 25 al 28 aprile, quando, nella sala capitolare della cattedrale, auspice il clero, venne firmata la resa.
Don Carlo Torriani, nel decennale della liberazione, il 21 aprile 1955, su questo giornale pubblicava un articolo intitolato “La nostra resistenza”.
L’avvocato e prete, allontanato da La Voce dal regime, analizzava i cambiamenti e l’evoluzione dell’idea di “resistenza” nei dieci anni appena trascorsi, chiedendosi «Si resistette e si vinse, perché si era tutti uniti, ma perchè ora questa unione non esiste più?» Sembrava che infatti che lo spirito unitario della resistenza fosse venuto meno meno di fronte alle questioni aperte del dopoguerra.
Da un lato, una certa frammentazione tra le forze politiche era naturale, in quanto in un regime democratico necessariamente ammette che ognuno possa esprimere le sue idee, abbandonando l’idea di unità assoluta del popolo che era stata scopo del regime totalitario: Torriani, in piena libertà, si sentiva di affermare che «Lo spirito della nostra Resistenza non è per nulla cambiato da quello che era nel 1945».
Per il grande sacerdote, occorreva continuare a spendere ogni sforzo per la difesa della libertà ed il rispetto della dignità umana e delle leggi di Dio.
In quegli anni di acceso scontro tra destra e sinistra, ricordava che marciare insieme per una ricostruzione più celere non era facile, ma che era necessario per l’ideale di render l’uomo degno della missione affidatagli da Dio, libero da egoismi e da male passioni, amante della propria terra e famiglia, desideroso con ingegno e lavoro di rendere prospere l’una e l’altra.
Quanto ai meriti della stagione eroica della resistenza, don Torriani riconosceva il valore dei democristiani, che, pur essendo di spirito anti rivoluzionario e anti guerriero, fecero bene la loro parte; i diocesani di Alessandria diressero il movimento provinciale di liberazione nazionale e si dimostrarono ottimi, leali, competenti. Dietro gli uomini vi erano poi le donne, veramente eroiche, e il clero, «magnifico nelle opere di bene». Un valore che le prime libere elezioni avrebbero tradotto in un grande consenso di popolo.
Alessandro Capra