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foto: SIR/Marco Calvarese

L’Intervista monsignor Fabio Dal Cin – Francesco, un pastore in mezzo al suo popolo

«Vorrei invitare la diocesi di Alessandria a sperimentare il carisma di questo Santuario. Non è semplicemente un santuario mariano: all’origine di tutto c’è il Mistero dell’incarnazione e il “sì” di Maria. Un santuario fortemente legato ai giovani, dal punto di vista vocazionale, e alle famiglie». A dircelo è monsignor Fabio Dal Cin, arcivescovo prelato di Loreto da poco più di un anno, e delegato pontificio per il Santuario della Santa Casa. Gli abbiamo chiesto di raccontarci la visita di papa Francesco, lunedì 25 marzo al Santuario di Loreto: tra la Messa alla Santa Casa, la firma dell’esortazione apostolica sui giovani e il discorso ai 10 mila fedeli in piazza della Madonna.

Eccellenza, un pensiero a caldo dopo la visita del Santo Padre?
«È stata una bella esperienza di Chiesa. Lunedì abbiamo visto la bellezza del popolo di Dio in festa per il Papa. Un Papa in mezzo alla gente, che con il suo modo di pregare, di chinarsi su ogni situazione, giovani, malati e famiglie, ha reso presente l’Amore di Dio verso il suo popolo».

La prima Messa di un Pontefice nella Santa Casa dopo 162 anni. Cosa rappresenta?
«Un grande evento storico. Ma anche un grande evento simbolico, perché connette il profondo legame tra la Casa, ogni casa e piccola chiesa, e la Chiesa universale. E fa riferimento al progetto di spiritualità familiare (“Casa di Maria, casa di ogni famiglia”, ndr) che vede protagonista il Santuario e che il Santo Padre ha caldamente appoggiato. Questo ha portato già 80 coppie a seguire questo cammino. Un cammino per aiutare le famiglie a riscoprire la bellezza della propria identità ed essere soggetti di evangelizzazione».

Perché i fedeli accorrono ancora in massa alla Santa Casa?
«Perché ha un carisma tutto particolare, intercetta il bisogno dell’uomo di avere una casa. La casa significa interiorità, significa intimità nello stare con Dio, ma suscita anche un senso di appartenenza. In questo senso, tramite l’intercessione di Maria, quando si torna a Casa dalla Madre viene spontaneo raccontare le proprie storie, le proprie difficoltà. Una mamma attende sempre i figli e ne intuisce i bisogni. E questo si avverte, a Loreto. Parafrasando Padre Pio aggiungo: “Nella Santa Casa la Madonna non è apparsa, ma passeggia”».

Passiamo ai tre punti toccati dal Papa nel discorso ai fedeli. Partiamo dai giovani.
«Il Santo Padre ha toccato i tre poli della vitalità ecclesiale del Santuario. Innanzitutto i giovani: ha proseguito il cammino sinodale firmando l’esortazione apostolica. Tengo a dire che la firma è avvenuta fuori dal Vaticano, un evento raro! E affida il cammino della Chiesa ai giovani, proprio nel luogo dove la giovane Maria ha detto “sì” a Dio. Questo è un messaggio di speranza perché ci dice che il disegno di Dio sulla nostra vita è sempre più bello e affascinate di quanto potremmo costruirci da soli».

La famiglia…
«Nella Santa Casa ha vissuto la Santa Famiglia, che è un riferimento per tutte le famiglie. Qui le famiglie si trovano a casa in tutti i momenti della loro vita: nel fidanzamento, nel “sì” del matrimonio, come figli, nonni e genitori, ma anche come famiglie emarginate e ferite».

Infine, i malati.
«Il terzo punto riguarda i malati, che sono sempre stati di casa nel Santuario. Storicamente è attestato che sono stati i primi farsi portare qui e hanno riconosciuto la presenza prodigiosa di questa reliquia. E sono loro che raccontano le guarigioni fisiche e spirituali che avvengono nella Santa Casa».

Francesco ha anche chiesto ai frati cappuccini di “estendere l’orario di apertura della Basilica e della Santa Casa”. Come l’hanno presa?
«Questo richiamo si è inserito in una tradizione già presente, perché chiedendolo c’è la possibilità di passare la notte. Comporta un impegno più grande nell’azione liturgica, ma devo dire che ho colto un desiderio di assecondare subito la richiesta del Pontefice».

Che cos’è per lei il Santuario?
«Prima di venire qui, conoscevo il Santuario solo come pellegrino, e l’intuizione che ebbi allora permane ancora. Percepisco un messaggio di umiltà e semplicità vissuto nella quotidianità. E proprio in questo senso abbiamo cercato di accogliere il Papa: con semplicità e sobrietà».

Alessandro Venticinque

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