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Il coronavirus blocca il calcio (parte II)

“La testa e la pancia” di Silvio Bolloli

Qual è la migliore soluzione?

È molto raro che questa rubrica si soffermi per due settimane consecutive sullo stesso tema ma l’eccezionalità degli eventi epidemiologici che hanno sconvolto l’esistenza di molti italiani – segnatamente a Nord-Ovest – può ben giustificare un simile strappo alla regola. Molti sono i commenti che in questo periodo aleggiano nell’universo pallonaro relativamente a questa continua sospensione dei tornei, ovvero a questo rinvio a scacchiera di partite, alcune delle quali a data da destinarsi: nel caso della Serie C si tirano in ballo soprattutto i carichi di lavoro e gli allenamenti diversificati, mentre in Serie A (nella migliore tradizione complottistica italiana) c’è già chi pensa a chi sarà penalizzato e a chi avvantaggiato da questo terremoto.

Ma da altri sport sono giunti commenti ancora più curiosi come quello di Valentino Rossi che ha addirittura scomodato la psicologia dei piloti del Motomondiale pronti a partire e adesso frustati dal rinvio dell’inizio che non si sa quando potrà ipotizzarsi. Ma dove sta la verità o, se si preferisce, qual è la migliore soluzione? Intanto è singolare come atleti professionisti possano essere non solo fisicamente ma anche psicologicamente condizionati da un gioco di equilibri veramente fragile e precario che un repentino sconvolgimento del calendario delle gare può mettere a repentaglio (e ciò poiché turbare lo svolgimento dei tornei pone un evidente problema di sovraffollamento delle competizioni in un lasso di tempo molto più contenuto nonché di tenuta atletica dei diretti interessati). Personalmente ritengo che fintantoché vi sarà la possibilità di disputare i vari tornei in modo tale da rispettare le condizioni fisiche dei loro protagonisti senza alterare il regolare e onesto svolgimento delle competizioni, allora varrà la pena tener duro e aspettare ancora un po’, ma se questa attesa dovesse protrarsi a data indefinita forse si potrebbe perfino ipotizzare una ripartenza da capo con il prossimo mese di settembre.

Sia come sia, c’è solo un aspetto sul quale vogliamo ancora porre l’attenzione dei nostri lettori: l’Italia è un Paese in cui tutto va bene finché non accade qualche cosa di spiacevole che porta immediatamente a gridare allo scandalo e a chiamare in causa più responsabilità possibili sul maggior numero di piani possibili. Nel caso di specie, adesso, molti lamentano il fatto che questa emergenza sia assolutamente eccessiva ed ingiustificata ma proviamo solamente a pensare a cosa accadrebbe se, per esempio in ambito scolastico, un solo un bambino si ammalasse poiché un direttore generale, un governatore o un ministro ha deliberato una apertura dei plessi scolastici quando la situazione di emergenza non era da ritenersi ancora del tutto scongiurata. E allora, se è giusto non fasciarci la testa è altrettanto opportuno non sottovalutare le possibili conseguenze anche solo di una banale influenza: nella società civile come nel mondo dello sport professionistico.

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