L’Editoriale di Andrea Antonuccio
Care lettrici, cari lettori,
apriamo questo numero con l’intervista a don Nicola Robotti, un ragazzo di Solero che ha frequentato il seminario a Roma, nella Fraternità San Carlo, e meno di un mese fa è stato ordinato sacerdote a Colonia, in Germania. Come i più attenti tra voi ricorderanno, di lui vi avevamo raccontato in un numero di giugno dell’anno scorso, in occasione della sua ordinazione diaconale.
Quando penso a lui e alla sua storia (vi invito ad andare a rileggere l’intervista a don Nicola dell’anno scorso, sul nostro sito lavocealessandrina.it), mi appare evidente come il Signore agisca, con potenza e discrezione, nella vita di ognuno di noi lanciando dei “richiami” di Bene che possiamo riconoscere e abbracciare. Già… ma come si fa a vedere il Signore in azione nella nostra vita? Credo occorra possedere (e usare) una cosa essenziale: la coscienza, cioè l’impronta di Dio nella nostra anima.
Scriveva il cardinale Ratzinger, in un libro molto interessante, “Chiesa, ecumenismo e politica”, edito nel 1987: «Solo l’assolutezza della coscienza è l’opposto assoluto nei riguardi della tirannide; solo il riconoscimento della sua inviolabilità protegge l’uomo nei confronti dell’uomo e nei confronti di se stesso; solo la sua signoria garantisce la libertà».
Coscienza e libertà, così profondamente unite, mi fanno venire in mente una preghiera di san Tommaso Moro (decapitato il 6 luglio del 1535 per ordine di Enrico VIII d’Inghilterra): «Signore, dammi la forza di cambiare le cose che posso cambiare, la pazienza di accettare quelle che non posso cambiare e l’intelligenza, infine, per capire quali sono le prime e quali le seconde».
Jacques Maritain diceva che Tommaso Moro era «un uomo che esiste volentieri». In questi tempi così difficili da decifrare, anch’io vorrei esistere volentieri. E voi?
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