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Ludwig van Beethoven

“La Voce delle note” di Giacomo Lucato

Una musica per salvare sé stesso e l’umanità

6 ottobre 1802. Vienna. Un uomo è chino sul proprio scrittoio, a lume di candela, fra libri impilati, spartiti accartocciati e un calamaio tracimante inchiostro. I suoi capelli sono arruffati, lo sguardo è cupo e tormentato, scrive con foga e dolore, senza fermarsi un attimo. Di fronte ai suoi occhi sta un foglio denso di parole: è il testamento di Heiligenstadt, una confessione intimissima, stravolgente quanto la sua musica.

Lui è Ludwig van Beethoven (1770 – 1827), il più influente compositore di tutti i tempi, forse addirittura il più grande in senso assoluto. Il testo, una lettera, è destinato ai suoi due fratelli (ma non sarà mai inviato) e rivela il dramma della sua esistenza piena di sofferenze e delusioni, fatiche e sopportazioni. È il momento in cui confessa la sua sordità, il peggior nemico per un musicista: per questo è costretto a rintanarsi in casa e limitare le visite, perché il venir alla luce di questo suo problema provocherebbe inevitabilmente la disistima di tutto il mondo culturale e del pubblico nei suoi confronti.

Beethoven cade in un periodo di tristezza e disperazione profondissima: ma proprio nel buio di questi momenti trova la luce nella sua Arte, l’unico motivo per cui vale ancora la pena vivere e lottare. Si aggrappa con forza disumana a quella sua vocazione, perché vi riconosce una missione da compiere. La sua esistenza si trasforma in un progetto educativo di massa: salvare l’umanità con la sola forza della propria musica. Lo deve a stesso e al mondo intero.

Suonare Beethoven: una fatica fisica, una musica che unisce le genti

Come non avere in testa tutto questo quando si suona Beethoven. Le sue note ti costringono a pensare ogni momento a chi destinarle: nulla può passare inosservato. Lo sforzo mentale è sostenuto da una vera e propria fatica fisica e ogni suo brano pretende un’esecuzione davvero ai limiti delle proprie possibilità: nei fortissimi l’arco scivola dalle mani per la foga, quasi fosse indomabile, ma si cerca di trattenerlo a tutti i costi; i crini sfregano le corde come l’aratro solca il campo del contadino, preparando il posto per i semi delle emozioni; il vibrato, l’oscillazione delle dita della mano sinistra, raggiunge intensità massime, mettendo a dura prova le falangi.

Beethoven è energia straripante. Anche nelle sue frasi più dolci, anche nei pianissimi più mozzafiato rimane un compositore magmatico, esplosivo, travolgente. Libera totalmente l’esecutore, lo obbliga a prendere scelte con una valenza morale oltre che musicale ben definita. E in un attimo ti senti parte di quel suo progetto educativo universale, ti accorgi non solo di aver sposato quella stessa missione, ma di esserne protagonista attivo e determinante. Beethoven aveva in sé il Dna dell’intera umanità: ecco perché suonare la sua musica genera così tanti dubbi, facendoti mettere in discussione in totale sincerità.

Il tuo cuore viene spogliato di fronzoli inutili e lasciato a nudo nella sua semplicità. Eppure la sensazione non è di disagio e vergogna, ma di piena serenità. Ci si sente finalmente liberi, si intuisce che qualsiasi nota uscirà dal proprio strumento sarà qualcosa di speciale, unico e irripetibile, qualcosa che parlerà sicuramente la lingua di un altro petto afflitto, bisognoso di conforto. Ecco la magia di Beethoven: ti apre gli occhi sulla realtà mostrandoti come davvero la musica possa unire tutti, senza alcuna distinzione, nel pieno rispetto dei diritti umani universali. Perché non c’è cuore che non abbia bisogno d’ascolto e comprensione, non c’è patimento che non possa essere affrontato insieme, uniti in un abbraccio comune.

Tre consigli per conoscere Beethoven

Il terzo movimento del quartetto op. 132 di Beethoven è stata la scintilla che mi ha fatto innamorare di questo compositore, grazie a una esecuzione magistrale del quartetto di Cremona un po’ di estati fa. Una preghiera di una tenerezza da brividi che esplode in un passo danzante pieno di gioia e vitalità. (youtu.be/Mq9Ej6WcKdk).

La sonata “Kreutzer” op. 47 per violino e pianoforte, nella elettrizzante versione di Alina Ibragimova e Cedric Iberghien: primo tempo (youtu.be/gy40YWzPusc), secondo tempo (youtu.be/aIDrx60ybVM), e terzo tempo (youtu.be/CWf0MMGvAqM).

La terza sinfonia, l’Eroica, impregnata dei contenuti del testamento di Heiligenstadt, nell’esecuzione di Leonard Bernstein con i Wiener Philarmoniker. (youtu.be/RkP33esCi5g).

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