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Papa Francesco a “Che tempo che fa”

L’intervista su Raitre

Un’intervista di 56 minuti a papa Francesco è andata in onda domenica 6 febbraio a “Che tempo che fa” (clicca qui per rivedere la puntata integrale), la trasmissione in prima serata di Raitre. Il Pontefice, collegato da Casa Santa Marta, ha risposto alle domande del conduttore Fabio Fazio. Tanti i temi trattati: i migranti, la salvaguardia del creato, il rapporto tra genitori e figli, la sofferenza, la preghiera, il futuro della Chiesa, gli amici e la guerra.

LA GUERRA

«Buonasera e grazie di questo incontro» esordisce Francesco, che poi fa una riflessione sulla «cultura dell’indifferenza» di cui «siamo ammalati»: «C’è un problema di categorizzazione, di primo e secondo posto e le guerre, mi dispiace dirlo, in questo momento sono al primo posto. Bambini, migranti, poveri, coloro che non hanno da mangiare non contano, sono nelle categorie basse, non sono al primo posto. Nell’immaginario universale quello che conta è la guerra. Con un anno senza fare armi si può dare da mangiare e fare educazione per tutto il mondo in modo gratuito, ma questo è in secondo piano». La guerra, prosegue il Papa, «è un controsenso della creazione. Dio crea gli uomini, e però subito vengono le guerre. È un controsenso della creazione».

LA SOFFERENZA

Poi una risposta sulla sofferenza nel mondo: «Di fronte alle sofferenze noi spesso vediamo e passiamo oltre, dimentichiamo. Vedere non basta, bisogna sentire, toccare. Quando c’è qualcuno che arriva a confessarsi, spesso chiedo: “Quando dai l’elemosina, tocchi la mano della persona a cui la dai? Lo guardi negli occhi?”. Medici e infermieri, in questi anni di pandemia, hanno toccato il male, e hanno scelto di restare». Il Pontefice aggiunge anche: «Guardare dall’alto in basso è lecito solo in un caso: quando si sta aiutando qualcuno a rialzarsi».

IL PERDONO

Esiste un diritto a essere perdonati: «Il perdono è un diritto umano. Dio ci ha fatto buoni ma liberi, la libertà è quella che ci permette di fare tanto bene ma anche tanto male, siamo liberi. Siamo liberi e padroni di prendere le nostre decisioni, anche sbagliate». Poi Francesco si sofferma sulla sofferenza dei più piccoli: «Dio è onnipotente, ma nell’amore. Io quando vedo soffrire i bambini mi chiedo: “Perché?”. Non c’è risposta. Io credo, cerco di amare Dio che è mio padre, ma non ho risposta. L’unica strada, di fronte a questa sofferenza, è soffrire con loro».

LA PREGHIERA

E sulla preghiera? «Pregare è quello che fa il bambino quando chiama papà, mamma: riconosce i propri limiti. Ma se non riconosci di avere un papà… Dio è padre, e noi lo chiamiamo papà. Quando ti abitui a chiamare papà Dio, stai andando bene nella vita religiosa. Se pensi che Dio sia quello che ti vuole bruciare nell’inferno, allora la tua religione è superstizione». Le risposte del Papa vengono intervallate da lunghi applausi in studio.

IL FUTURO DELLA CHIESA

Una riflessione anche sul futuro della Chiesa: «Immagino la Chiesa del Futuro come Paolo VI nell’enciclica Evangelium Nuntiandi: una Chiesa in pellegrinaggio. Il male più grande della Chiesa è la mondanità spirituale. Il clericalismo genera rigidità, e sotto ogni rigidità c’è putredine. La mondanità spirituale genera clericalismo che porta a posizioni rigide, ideologiche, dove l’ideologia prende il posto del Vangelo. Il clericalismo è una perversione della Chiesa».

GLI AMICI

L’intervista poi passa a domande più personali: «Se ho degli amici? Sì, certo. Ho pochi amici, ma veri. Mi piace stare con loro. Ho bisogno degli amici. Per questo non sono andato ad abitare nel palazzo pontificio. I papi che mi hanno preceduto erano santi, io non sono tanto santo, non ce l’avrei fatta».

IL GIOVANE BERGOGLIO

Poi uno sguardo al giovane Jorge Bergoglio e ai suoi sogni: «Quando andavo a fare la spesa con mia mamma e con mia nonna, vedevo che tutti pagavano il macellaio. E quando mi chiedevano cosa volessi fare da grande, dicevo: “Il macellaio, perché ha tanti soldi”. Questo è un po’ l’animo genovese che ho ereditato da parte di mia madre. Anche i piemontesi sono un po’ attaccati i soldi ma dissimulano… Più seriamente: ho lavorato tanto sulla chimica, la vocazione è arrivata a 19 anni quando stavo preparandomi a entrare nella facoltà di medicina. Ma la chimica mi aveva sedotto tanto, mi piaceva». E la musica? «Ascolto i classici. E il tango. L’ho anche ballato: un porteño (cittadino di Buenos Aires, ndr) che non balla il tango non è un porteño (sorride)».

L’UMORISMO

Il Pontefice ha poi parlato del senso dell’umorismo: «È una medicina. Io prego per avere il senso dell’umorismo, che ti fa gioioso, ti fa relativizzare le cose, ti fa tanto bene». Francesco, al termine dell’intervista, ha chiesto di pregare per lui: «E se qualcuno non prega, di mandare energie positive, pensieri positivi». Infine, il Papa ha citato il film di De Sica, “Miracolo a Milano”: «Nel film c’era un indovino che mendicava chiedendo 100 lire. Io vi chiedo 100 preghiere. Grazie».

Alessandro Venticinque

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