Daniele è un bambino affetto dalla sindrome di Edwards (anche detta Trisomia 18), una malattia genetica molto rara. La maggior parte dei feti con la sindrome muore prima della nascita. Daniele, invece, è nato e oggi ha 5 anni e mezzo. I suoi genitori, Chiara e Marco, ci raccontano la loro “attesa”, e come quel bimbo così fragile ha cambiato la loro vita.
Che cosa avete pensato quando avete scoperto che Chiara era incinta?
Chiara: «Io ho pensato: “Terzo figlio, so già tutto, quindi faccio solo l’ecografia per vedere se è maschio o femmina”. Ma alla seconda ecografia viene fuori che qualcosa non va. “E’ molto piccolo, vediamo di capire con una serie di esami se può dipendere dalle arterie uterine”. Ma gli esami sono a posto. Dopo tre settimane mi fissano un’altra ecografia, che poi viene posticipata…».
Marco: «Lo spostamento di data, una banalità, ci ha dato più tempo per stare di fronte al nostro dubbio. Ha riaperto la domanda su che cosa stessimo attendendo veramente».
C: «Quei giorni sono stati una domanda, una ricerca. Quell’attesa ci stava “spostando” dal semplice desiderio di avere un figlio».
Poi che cosa è successo?
C: «Fatta l’eco, ci dicono della trisomia 18. Mi sono venuti in mente i volti di amici che hanno figli disabili. Ho pensato che se loro sono lieti portando un peso così grande, allora è possibile anche per me».
M: «L’esperienza nel movimento di Comunione e liberazione ci ha educato a capire che nulla è “contro”. La realtà diventa una “strada nuova nel deserto”, in cui non si è mai soli».
C: «In giro con il pancione mi chiedevano se era maschio o femmina: “Ma non importa, l’importante è che stia bene!”. Ma è questa la condizione per portare avanti la gravidanza? Con questa domanda sono andata agli esercizi spirituali di Cl, intitolati “Se uno è in Cristo è una creatura nuova”. Quando all’ingresso ho letto questa frase, Daniele si è mosso nella pancia: “Mamma, vale la pena che io ci sia”. L’attesa non era solo per lui, sperando in un miracolo, o che i medici si fossero sbagliati. L’attesa era che quella promessa fatta al mio cuore da Dio non fosse un’illusione».
Che attesa avete per vostro figlio e per voi?
C: «Ho sempre un po’ la pretesa che Daniele cominci a superare certe difficoltà. Ma il problema è che invece di guardare lui, rischio di guardare quello che voglio io».
Come l’hanno presa i vostri primi due figli?
C: «Eugenio era piccolissimo, aveva 21 mesi. Anna, già più grande, ha subito capito che qualcosa non andava. Un giorno le mostro il referto dell’amniocentesi, con la mappa cromosomica: “Guarda, Anna, qui ci sono tre cromosomi, uno in più. Ed è un guaio incredibile”. Lei allora mi dice: ”Mamma, chiediamo alla Madonna di cancellare il terzo bastoncino”. Le ho risposto che non si poteva. E lei: “Se Dio lo vuole far crescere in salute toglie il bastoncino. Altrimenti, se lo porta in cielo con lui”. Mi ha fatto capire la fede. La sua attesa era certa».
M: «L’attesa è scoprire che la promessa che Dio ha fatto al cuore dell’uomo è mantenuta. E Daniele è la strada che Dio ci ha dato per fare un passo in più verso di Lui».
Andrea Antonuccio