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Chiamatemi “Frate mobile” – La storia di fra’ Beppe Giunti, francescano in continuo movimento

Lo conoscono tutti come “Frate mobile”, tanto che il suo sito è www.fratemobile.net (“Sei sempre in giro, chiamati Frate mobile” gli ha detto un amico).
Lui è fra’ Beppe Giunti, che da tempo collabora con la cooperativa sociale Coompany di Alessandria, di cui oggi è formatore volontario.


Fra’ Beppe, che cosa significa collaborare con Coompany?
«Vuol dire stare vicino a tutti i progetti e agli inserimenti sociali perché rimangano coerenti con l’ispirazione nata all’interno dell’Azione Cattolica. È stata voluta, spinta e aiutata dal vescovo: significa mettere insieme solidarietà e mercato, di cui non dobbiamo avere paura.
Come diceva Monsignor Fernando Charrier: “Fare bene il bene”. Un po’ come le vestali che a Roma custodivano il fuoco sacro… ecco, io sono una ‘vestale’ di Coompany!».
Parliamo di Coompany, allora.
«Coompany ha il bilancio attivo, paga gli stipendi regolarmente. Tenere insieme solidarietà e mercato non è certamente facile ma è possibile. Questo è un problema generale. Nel panorama della fede quotidiana per troppe generazioni ci siamo occupati della morale privata, mentre tutto l’orizzonte della dottrina sociale della Chiesa, in questi anni, è stato trascurato o lasciato agli specialisti.
In passato sarebbe stato un po’ strano che un ente come Coompany collaborasse con una struttura nata da una realtà cattolica».
Tenere insieme solidarietà e mercato: in questo quanto conta la fede?
«Senza un cammino di fede personale tutto quello che facciamo sono cianfrusaglie. Gesù in un brano del Vangelo dice ai suoi discepoli: “Ma voi chi dite che io sia?”. Ecco, tutto ciò che è struttura presuppone sempre il passaggio prima, quello della fede.
Un esempio: mandare i propri figli al catechismo solo perché è un uso sociale, senza un cammino di fede non sta più in piedi.
Altro problema è che in molti ambienti si pensa che l’appartenenza religiosa sia determinata dal luogo o dall’ambito in cui si nasce.
E non è così. Dobbiamo muoverci, Gesù non è mai fermo…».
“Gesù non è mai fermo”: che cosa vuol dire per noi?
«Proprio questo è il concetto di missione: uscire, uscire, uscire. Gesù ci manda, cammina davanti a noi, non sappiamo dove ci porterà. Si può fare!».

Che cosa ha imparato da Coompany?
«Potrei fare un elenco lunghissimo di cose! Dal punto di vista del metodo ho imparato a lavorare in rete, soprattutto nel campo della solidarietà:
se tu condividi con me un progetto poi lo facciamo insieme. Invece, dal punto di vista cristiano ho visto in azione il principio dell’incarnazione:
il Verbo si è fatto carne. Quando sono entrato nella sezione dei collaboratori di giustizia nel carcere di Alessandria per una serie di progetti, mi si è spalancato un mondo e i detenuti mi hanno accolto a braccia aperte».
Come mai ha scelto l’Ordine francescano?
«Sono diventato francescano mentre studiavo i discorsi di Kennedy, mi interessava la politica già da allora. Vivevo vicino a un convento e mi sembrava che San Francesco fosse il più grande innovatore della storia».
Qual è stato poi il suo percorso?
«All’età di 16 anni sono entrato ad Assisi per il noviziato, era il 1964. Dopo il percorso formativo, a 21 anni, ho preso i voti definitivi sulla tomba di San Francesco. In seguito sono andato a Roma nella nostra università e ho vissuto alla Magliana nuova, un quartiere periferico
(e difficile) della Capitale. Dopo c’è stata la pastorale giovanile, gli scout, i campi scuola e religione e teologia.
E adesso sono Frate mobile!».

 

Andrea Antonuccio 

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