Eccellenza, che cosa vuol dire “accoglienza”?
«Accoglienza significa prima di tutto accorgersi e prendere coscienza della situazione dei nostri fratelli che hanno lasciato nel loro Paese condizioni di povertà e di difficoltà sociale o politica, alla ricerca di uno stato di vita sostenibile. Un secolo fa succedeva agli italiani: molti di noi sono andati in giro per il mondo perché si rendevano conto che erano in condizioni disagiate e non vedevano una speranza di miglioramento. Oggi questo stato perdura principalmente per le nostre menti più brillanti, che difficilmente in Italia trovano realizzazione delle loro capacità e attese. Anche se, grazie a Dio e nonostante un preoccupante aumento delle fasce più povere, siamo maggiormente oggetto di immigrazione che di emigrazione. Siamo dunque invitati a guardare a queste persone come avremmo desiderato che si guardasse ai nostri fratelli emigrati all’estero. In questo senso l’invito all’accoglienza, in modo particolare nell’Antico Testamento, è per noi cristiani molto forte».
Che cosa direbbe a chi non vede di buon occhio il fenomeno della migrazione?
«Per prima cosa gli augurerei di non trovarsi in condizioni di dover emigrare. Secondariamente inviterei a guardare all’immigrazione non come a un tema di dibattito politico e sociale in Italia, ma come a persone concrete, in carne e ossa, che bussano alle porte delle nostre case. Credo che sia molto utile conoscere queste persone, fare loro delle domande sul perché sono venute nel nostro Paese e capire l’atteggiamento del loro cuore. Temo che a volte rischiamo di inasprire, con un atteggiamento di chiusura, i cuori di persone già profondamente segnate dagli eventi della vita. Fatto questo possiamo cercare di trovare soluzioni intelligenti, efficaci, non meramente assistenzialiste, trovando la giusta via tra il dovere dell’accoglienza e il dovere di farlo in modo sostenibile per noi e per loro, che solitamente è ben al di là di quanto istintivamente potremmo pensare».
«Gesù è nel migrante. È Colui che dà a tutti il documento di cittadinanza!». Così ha detto il Papa nella messa della Notte di Natale a San Pietro…
«Gesù ha dato dei criteri chiari per l’ammissione nel Regno dei Cieli: tra questi c’è il famoso “ero straniero e mi avete accolto” (cfr. Mt 25, 35). Dunque anche noi siamo chiamati a esercitare quell’accoglienza che Cristo ci ha chiesto in modo talmente forte da identificarsi con quel forestiero: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli lo avete fatto a me” (cfr. Mt 25, 40)».
Che cosa fa la nostra diocesi per aiutare queste persone?
«La diocesi si occupa di aiutare questi migranti dando loro da mangiare, e un tetto affinché possano arrivare a uno stato dignitoso di vita: un lavoro, una casa, l’istruzione e tutte quelle cose necessarie per una vita decorosa. A tale proposito rinnovo l’invito ai fedeli a dedicare un po’ del loro tempo per aiutare le due mense, quella della Caritas a pranzo e quella dei frati Cappuccini a cena, che sfamano numerosi nostri fratelli».
A cura di Carlotta Testa