Ormai ci siamo: il 24 marzo lo stabilimento Embraco di Riva di Chieri chiude. Tutti a casa. 500 lavoratori o meglio, 500 stipendi non arriveranno più. La fabbrica che produce motori per frigoriferi da più di 40 anni fa le valige e parte per la più economica Slovacchia. Un epilogo noto da tempo ma che negli ultimi mesi ha obbligato governo, sindacati e stampa a occuparsene in maniera più seria senza però arrivare a una soluzione soddisfacente. Nulla sono servite le proposte della società di licenziare e riassumere i lavoratori con contratto da full a part time. A nulla è servita la proposta rilanciata dal governo di una cassa integrazione fino a quando qualche polo industriale non prenda il posto e reindustrializzi il tutto. Un altro pezzo di Torino che se ne va, che cambia targa nazionalità e se ne va altrove. E pensare che l’azienda inizialmente si chiamava Aspera ed era proprietà Fiat. Nel lontano 1985 era stata venduta all’americana Whirpool che l’ha portata, grazie a ingenti investimenti (allora conveniva investire in Italia), a occupare alla fine degli anni 90 la bellezza di 2.500 persone. A inizio 2000 le cose cambiano, ahimè, in peggio. L’azienda viene ceduta all’attuale Embraco (controllata del gruppo Whirpool). Da lì a poco, nel 2004, l’attività decide di aprire uno stabilimento in Slovacchia impoverendo così la fabbrica chierese. Da allora a oggi c’è stato un tira e molla tra Embraco e Regione Piemonte per cercare di rimettere a posto le cose. Ma n o n è servito a nulla, la decisione era stata già storicamente presa. Era questione solo di aspettare quello che i lavoratori sapevano già da tempo. A gennaio infatti è arrivata la lettera dove si rendeva noto che lo stabilimento avrebbe chiuso e portato tutto in Slovacchia. Ecco la storia che narra l’ennesima agonia di un’eccellenza piemontese tradita da una concorrenza non del tutto equa scaturita da un’ancora acerba Europa. Per aspera ad astra, si diceva. Ma adesso i tempi sono cambiati.
Andrea Allegra