Roma fa eco a Torino: la soluzione all’erba alta va risolta in natura. Assunti quindi greggi di pecore, caprette e mucche a volontà. Nell’Augusta Taurinorum si inizia dai parchi limitrofi alla città, la capitale risponde con il più storico parco della Caffarella, per intendere l’area verde che circonda l’Appia antica. Gli assessori all’ambiente in questione rispondono così ai problemi che da tempo venivano aggravati da appalti bloccati e carenza di personale. Sicuramente non modernissima come soluzione ma, a sentir loro, compatibile sia in termini di costi che di impatto ambientale. Alle scontate critiche e obiezioni sollevate a riguardo, le giunte in questione hanno subito risposto citando le solite esperienze europee che a loro detta hanno funzionato. A questo punto bisogna precisare che alcuni anni fa nei pressi delle mura del castello di Ferrara erano già state utilizzate circa 600 pecore per la rasatura di prati e aiuole. È toccato poi alla base militare di Grottaglie, in provincia di Taranto, con le caprette tibetane. In questo caso l’esperimento è fallito per un eccessivo disordine causato dagli animali che, tra l’altro, tendevano a una naturale dispersione. Ma purtroppo una ben peggior sorte è toccata alle pecore arruolate in Germania, e precisamente a Berlino al castello di Charlottenburg. In questa occasione alcuni avventori delle aree verdi del castello hanno pensato bene di mangiarsi una dozzina di pecorelle. Al di là del piccolo “incidente culinario”, bisogna specificare che nel momento in cui si decidesse di adottare questo metodo di tosatura dei manti erbosi, la profilassi veterinaria dovrebbe essere tale da garantire ai cittadini una sana convivenza con le bestiole. In ultimo, rimarrebbe solo un tragico dubbio: ma non è che, così facendo, piano piano questi animali ci ruberanno il lavoro?
Andrea Allegra