Eccellenza, cos’è stata per lei la Tenda della Misericordia?
«Diciamo che la Tenda della Misericordia per me è stata un momento di oasi in un periodo estremamente convulso: il suicidio di Stefano, il seminarista di Tortona, gli ultimi preparativi per gli accordi con l’Università riguardanti il Collegio, la marea di problemi burocratici derivanti da esso, i colloqui con i sacerdoti in vista del “riassetto” del centro storico di Alessandria… Il celebrare l’Eucarestia al termine di una giornata molto pesante, in piazzetta della Lega, con un nutrito gruppo di fedeli, è stato per me un momento di pace, di fraternità, di prezioso recupero di energie. Ho incontrato fratelli gioiosi, capaci di trasmettere la loro gioia: è come se essa avesse riordinato il tumulto di quei giorni».
Oltre al suo vissuto personale, che cosa ritiene abbia rappresentato la Tenda per la nostra città?
«Non ho potuto constatarlo più di tanto personalmente, ma dai racconti che mi sono stati fatti ha rappresentato un momento di Grazia, di incontro tra le persone, di testimonianza, di apertura alla città. Ritengo che, nell’affollarsi delle diverse proposte visive, uditive ed esperienziali che la nostra città quotidianamente ci offre, ogni tanto sia opportuno un richiamo alla realtà soprannaturale. Credo peraltro che ne abbiamo bisogno: l’uomo di oggi non può prescindere dalla sua dimensione spirituale ed è bene che gli venga prospettata la possibilità di trovare le risorse per vivere la propria vita non soltanto nella ricerca di un benessere fisico e psicologico, ma anche spirituale. La vita spirituale, un incontro con Cristo vivo, riesce a dare una lettura di senso della realtà totalmente differente da quella a cui siamo abituati, soprattutto per l’approccio ai problemi. Gesù infatti ci ha insegnato che attraverso di Lui l’uomo ha la possibilità di trasformare persino le situazioni più faticose, onerose, dolorose della nostra vita in un momento di profonda grazia interiore ridando senso alla realtà».
Voglio farle una domanda un po’ provocatoria: come può l’esposizione del Santissimo, in un luogo del tutto aconfessionale, dire qualcosa ai cuori dei passanti?
«Rispondo con un esempio: André Frossard, il figlio di un dirigente del partito comunista francese, cresciuto nell’ateismo più puro, ha scritto un libro intitolato “Dio esiste. Io l’ho incontrato”. Lo ha scritto per far capire che lui non sentiva alcun bisogno di convertirsi, di incontrare il Signore, di dover cambiare vita, dal momento che stava bene nello stato in cui era. Dopo aver raccontato tutta la sua vita esponendo le motivazioni di questa sua convinzione, ha raccontato un episodio che gliel’ha radicalmente cambiata: un giorno in cui doveva effettuare un viaggio con un amico questi gli ha chiesto di fermarsi perché doveva andare a parlare con un religioso. André poteva attenderlo qualche minuto in auto, sarebbe tornato immediatamente. Tuttavia, protraendosi l’attesa, André scese dall’auto per andare a cercare l’amico e, una volta entrato in Chiesa, trovò il Santissimo Sacramento esposto. Bastò una sola occhiata perché la sua mente e la sua anima venissero invase da una certezza improvvisa e inattesa: Dio esiste! Tornando a noi, io non so come possa il Santissimo Sacramento dire qualcosa al cuore dei passanti, so semplicemente che lo fa: in mille modi diversi. A volte più spettacolari, a volte più nascosti».
A cura di Carlotta Testa