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I giornalisti vittime in Italia e nel mondo

Sguardo sul mondo

Sono oltre mille i cronisti e reporter morti dal 2006 al 2018, 94 quelli uccisi solo nel 2018 (leggi anche I giornalisti vittime in Italia e nel mondo). Secondo le Nazioni unite, ogni cinque giorni un giornalista viene assassinato. Dati che spaventano e fanno pensare. Ma non è tutto qui: di questi casi il 90% dei crimini commessi contro i giornalisti rimane impunito. Le uccisioni sono aumentate del 18% nel mondo nel quinquennio 2014-2018 rispetto ai cinque anni precedenti, e il 55% degli omicidi ha avuto luogo in Paesi “in pace”. I Paesi arabi costituiscono la parte più letale del mondo per i giornalisti con il 30% delle uccisioni globali, seguiti dall’America Latina e dalla regione dei Caraibi (26%), poi dagli Stati dell’Asia e del Pacifico (24%).


Il report di Cpj (Comitato per la protezione dei giornalisti, con sede a New York) spiega quali sono i paesi in cui pesa di più la mano dello stato sulla libertà di stampa. Al primo posto del report c’è l’Eritrea che già nel 2001 ha chiuso tutti i media indipendenti e ora lo stato detiene il monopolio legale dei media. Seconda la Corea del Nord, dove la maggior parte dei contenuti giornalistici deriva dalla Korean central news agency (Kcna) e sono incentrati su Kim Jong Un. Seguono poi il Turkmenistan e l’Arabia Saudita. Al quinto posto la Cina, in cui ogni organo di stampa privato o pubblico deve seguire le direttive del Partito Comunista. Dal 2017 nessun sito o account social può diffondere notizie senza un permesso e sono bloccate le ricerche di notizie che vengono dall’estero. Mentre in Iran il governo sopprime l’espressione online spiando i giornalisti, bloccando i broadcast delle tv satellitari e bloccando milioni di siti web e piattaforme di social media. Chiudono questa classifica Guinea equatoriale, Bielorussia e Cuba.

Alcuni giornalisti uccisi in Italia per il loro lavoro

  • Giovanni Spampinato (Ragusa, 6 novembre 1946 – Ragusa, 27 ottobre 1972) era corrispondente de “L’Ora” e “L’Unità”. Morto per l’indagine che stava seguendo sui legami dell’estrema destra e la criminalità organizzata siciliana.
  • Carlo Casalegno (Torino, 15 febbraio 1916 – Torino, 29 novembre 1977), vicedirettore de “La Stampa”, aveva più volte esortato a non indietreggiare di fronte alle minacce del terrorismo estremista delle Brigate Rosse.
  • Peppino Impastato (Cinisi, 5 gennaio 1948 – Cinisi, 9 maggio 1978) ucciso perché denunciava tramite l’emittente libera Radio Aut il malaffare del boss mafioso della sua città, nonché suo parente, Gaetano Badalamenti.
  • Mario Francese (Siracusa, 6 febbraio 1925 – Palermo, 26 gennaio 1979) viene ucciso sotto casa sua da Cosa Nostra. I suoi articoli sul “Giornale di Sicilia” ricostruivano le principali e complesse vicende mafiose degli Anni Settanta.
  • Walter Tobagi (Spoleto, 18 marzo 1947 – Milano, 28 maggio 1980) assassinato nell’attentato dalla” Brigata XXVIII marzo”, gruppo terroristico di estrema sinistra. Tra i tanti giornali, Tobagi ha lavorato anche per “Avvenire” e “Corriere della Sera”.
  • Giuseppe Fava  (Palazzolo Acreide, 15 settembre 1925 – Catania, 5 gennaio 1984) era il fondatore del mensile “I Siciliani”, su cui venivano denunciate i rapporti tra boss mafiosi e imprenditori del catanese.
  • Beppe Alfano (Barcellona Pozzo di Gotto, 4 novembre 1945 – Barcellona Pozzo di Gotto, 8 gennaio 1993) racconta per anni le cosche locali a “Canale 10” e “Tele News”. Per la sua morte è stato condannato all’ergastolo il boss locale, Giuseppe Gullotti.

Speciale a cura di Alessandro Venticinque

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