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Sotto quel manto c’è posto per tutti

Madonna della Salve 2020

Durante questo Ottavario della Madonna della Salve (leggi anche L’omaggio alla Salve si svolgerà in Cattedrale), ogni giorno è dedicato a un’intenzione specifica e il Rosario è introdotto da alcuni “testimoni”.

Legg anche il programma completo dell’Ottavario della Salve

Lunedì abbiamo pregato per i malati assieme al nostro direttore Andrea Antonuccio; martedì per i defunti, con don Stefano Tessaglia, cappellano dell’Ospedale e direttore della pastorale per la Sanità; mercoledì il giornalista Fabrizio Laddago ha introdotto la preghiera per le persone al servizio del prossimo; giovedì per i medici e di chi si occupa della cura degli ammalati con Sabrina Camilli medico pediatra e cooperatrice salesiana; venerdì, assieme a Giampaolo Mortara e padre Daniele Noé – rispettivamente direttore della Caritas e delegato vescovile per la carità – per le persone in difficoltà economica; sabato è la vigilia della Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni: la preghiera di questo giorno sarà proposta insieme con il Servizio diocesano per la pastorale giovanile e vocazionale. Si dirà il rosario con Suor Monica Odone e don Andrea Alessio. Domenica, a conclusione dell’Ottavario, una modalità diversa ma che non vede venir meno la nostra fede.

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L’ospedale e gli ammalati |

Durante il rosario del 3 maggio, il nostro Vescovo affiderà alla Madonna anche tutti gli ammalati. Abbiamo chiesto al nostro direttore Andrea Antonuccio che è da poco uscito dall’ospedale.

Andrea, dopo 30 giorni di ricovero per Covid-19, ti aspettavi di vivere questo 3 maggio da casa?
«No non me lo aspettavo, così come non mi sarei aspettato di vivere Giovedì, Venerdì e Sabato Santo e la Pasqua in Ospedale. Devo dire però che questo cambio di modalità e di circostanze non solo non ha sminuito il significato di questi avvenimenti, ma li ha resi ancora più veri. Per cui ho trascorso una Pasqua bellissima pur essendo confinato in un letto senza i miei familiari, senza niente se non la compagnia di Cristo, che è tutto. Essendo tutto, la mia Pasqua di quest’anno è stata veramente significativa e la rimpiango, nel senso che desidero che da ora in avanti sia sempre così».

Cosa chiedi alla Madonna della Salve?
«Mi sono rivolto a Lei più volte, chiedendole la guarigione. Oggi, che sto un po’ meglio, chiedo sempre a Lei di non farmi perdere la consapevolezza della compagnia di Gesù, quella compagnia che mi ha fatto in tutti quei giorni di sofferenza e di malattia. Chiedo di mantenere quella tensione verso la conoscenza del Mistero, di non imborghesirmi di nuovo, di non tornare al mio già saputo, alle mie vecchie abitudini. Perché veramente ho imparato che l’unica cosa di cui abbiamo veramente bisogno è Cristo. Tutto il resto può esserci come non esserci, ma non è essenziale. Anche la salute. Chiedo alla Madonna della Salve che sia di aiuto e di sollievo per tutti quelli che sono ancora in ospedale e stanno soffrendo».

E dell’importanza di uno sguardo rivolto verso qualcosa che trascende l’uomo per chi si trova in ospedale, sia medici che pazienti, è convinto anche Giacomo Centini, direttore generale dell’Ospedale di Alessandria: «Vorrei ringraziare di cuore il nostro Cappellano, don Stefano Tessaglia, che è stato sempre con noi per tutto il tempo dell’emergenza, vivendola con noi e dando una grande supporto ai nostri malati, a fianco a fianco dei nostri operatori sanitari. Ringrazio anche il nostro Vescovo per la vicinanza che riserva da sempre al nostro Ospedale e quella che ha espresso la Diocesi attraverso la presenza di don Stefano. Il conforto spirituale che ha portato ai nostri pazienti e ai nostri operatori è stato davvero importante, anche perché per le restrizioni imposte per motivi di sicurezza legati al contenimento del virus, molti dei nostri pazienti hanno dovuto affrontare da soli questo periodo di malattia. Credo che il conforto della fede, qualunque essa sia, possa essere fondamentale per il supporto psicologico».

Il carcere |

Un’intenzione del Rosario sarà dedicata ai carcerati. Il vescovo mostra sempre la sua vicinanza: abbiamo chiesto a padre Domenico Parietari, cappellano del Carcere, se secondo lui i detenuti abbiano bisogno di un altro tipo di sostegno per guardare oltre, e nella sua esperienza ha constatato che la cura della spiritualità possa aiutarli a sentirsi in qualche modo “liberi”.

«Le persone in carcere hanno l’unico obiettivo di uscire da quel luogo, e io li capisco. Ma hanno anche bisogno di una voce di speranza: tutto quello che viene da fuori e che riguarda lo Spirito per loro è una parola di luce e conforto. Io credo che sia giusto proporre iniziative che vanno in questa direzione. Anche le persone che non vengono a Messa hanno comunque il desiderio di sentire una voce soprannaturale, un qualcosa che offra una speranza oltre questo basso mondo: più l’uomo è in una condizione di sofferenza più ha nostalgia di qualcosa di soprannaturale. Fuori dal carcere siamo più distratti e superficiali, ma chi si ritrova in una cella stretta, con cinque persone che non ti sei scelto e magari con dei figli piccoli a casa, soffre davvero molto: chi è privato degli affetti e della libertà ha più sete di Dio. Il fatto di essere pensati e portati nella preghiera da qualcuno per loro è molto importante. Quando i detenuti hanno scoperto che andavo a trovarli senza percepire un compenso, mi hanno detto “ma allora lei viene per noi!”. L’aver appreso che io andavo perché loro per me e per la chiesa che rappresento contano davvero qualcosa ha cambiato il loro sguardo».

Da Lourdes |

Il 3 maggio nonostante il coronavirus abbia ristretto di molto le possibilità di movimento, verrà portato come ogni anno un omaggio alla Madonna della Salve. Abbiamo chiesto al dottor Alessandro de Franciscis, presidente del Bureau des Constatations Médicales di Lourdes e dell’Associazione Medica Internazionale di Nostra Signora di Lourdes (il primo medico non francese ad essere nominato in questo incarico permanente) come mai la devozione mariana resista inossidabile anche nel 2020.

«Dovreste chiederlo al Vescovo, io sono un povero medico, mi diverto a dire che sono inutile perché la gente viene da me quando si ritiene guarita» ci risponde ridendo «Sono nato e cresciuto in Italia, e al mio primo pellegrinaggio a Lourdes ho scoperto il mondo dei disabili e dei malati. Al 4° anno di liceo classico è nata in me la passione per la medicina, e ho capito a Lourdes che avrei voluto dedicare la mia vita ai malati. In questa luce io posso rispondere alla vostra domanda, dicendo che la religiosità è una dimensione istintiva e non reprimibile dell’animo umano. Sono convinto, arrivato al mio 65esimo anno di vita, che anche chi si professa ateo ha una sua profonda religiosità. Per noi cristiani la devozione mariana è fondamentale: tutti i grandi santi le sono devoti, e anche il popolo semplice la ama molto. In tutta Italia ci sono santuari e statue dedicati a Lei: dal mio Sud, a Pompei, al vostro Piemonte con la Madonna della Salve».

E perché questa devozione?
«Maria è concepita senza peccato originale, ma è donna fino in fondo, noi la sentiamo molto umana e vicina a noi. Da piccola, deve aver imparato da sua madre Anna i salmi: infatti i francesi la venerano come la patrona dei biblisti, perché Anna ha insegnato alla figlia a gustare la parola di Dio. Nel Vangelo viene descritta sempre con pennellate di grande umanità: dall’imbarazzo provato nello scoprirsi incinta da promessa sposa di Giuseppe alla risolutezza nell’andare dalla cugina Elisabetta in dolce attesa per aiutarla, come fanno tutte le donne del mondo quando una loro parente aspetta un bambino. Non trovo questa devozione demodé, anzi la sento molto attuale».

Che cosa chiede alla Madonna della Salve?
«Alla Madre di Dio io chiedo, come ha già fatto a Fatima, di aiutarci a disegnare un mondo migliore. Sento sulla mia pelle l’indifferenza della classe politica mondiale verso le operazioni di collaborazione umanitaria. Solo per fare un esempio: il mondo spende ancora troppo in armamenti che contro un microscopico virus non servono a niente. Un’altra riflessione: quali sono i paesi dove la risposta all’emergenza Coronavirus è stata più coerente? Quelli dove c’è un forte sistema di sicurezza sociale. In Francia e in Italia non si paga il ricovero, mentre nei paesi che hanno fatto della privatizzazione una bandiera, la gente muore perché non può essere ricoverata. Io vedo davanti a noi un anno, forse due, di difficoltà ma poi voglio essere ottimista e prevedere una ritrovata solidarietà. Chiedo quindi alla Madonna il dono di riscoprire l’importanza centrale dei poveri e dei malati e della collaborazione internazionale».

L’Hospice |

Nel pregare per i malati, non si può non pensare a chi si trova nell’hospice. Si tratta di un luogo in cui l’importanza di ogni attimo che si passa ancora vivi e in questo mondo è molto più sentita e interiorizzata. Abbiamo intervistato a Mirella Palella, direttrice dell’hospice “Il Gelso”, di Alessandria.

Nell’hospice l’importanza di ogni attimo che si passa ancora vivi e in questo mondo è molto più sentita e interiorizzata. Che cosa direbbe a chi vive per la prima volta questo confronto ravvicinato con la morte, una condizione in cui il coronavirus ci ha messi tutti?
«All’hospice si va controcorrente, in un mondo che promette l’immortalità e che rimuove la malattia e la morte. L’hospice è un luogo di cura. Vi si pratica la medicina palliativa, un servizio alla salute non una medicina per morenti ma una medicina per l’uomo che rimane un vivente fino alla fine. Mai come in prossimità della morte occorre celebrare la vita, che deve essere pienamente rispettata, protetta e assistita fino al suo naturale concludersi. Le persone che qui sono accolte sono inguaribili, non invisibili: essere persona è un conto, avere dignità di persona è un altro. Il fine vita dovrebbe dunque appartenere alla vita. L’hospice allora è luogo dove gli operatori si comportano come si fa quando si vive non quando si muore. Dentro le sue mura il tempo è quello sospeso dell’attesa, lento, indefinito; è il momento da colmare di senso e di vita. L’hospice è silenzio pieno di significato. Non è mai assordante, perché legittimato e condiviso».

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Testi a cura di Zelia Pastore

 

 

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