“La recensione” di Fabrizio Casazza
La casa editrice Jaca Book continua la pubblicazione delle opere di san John Henry Newman con la terza edizione di Apologia pro vita sua (pp 406, euro 28). Insigne erudito, nato in Inghilterra nel 1801, prete anglicano nel 1825, prete cattolico e membro della Congregazione dell’Oratorio nel 1847, cardinale diacono di san Giorgio in Velabro nel 1879, morto nel 1890, beatificato nel 2010, canonizzato nel 2019. In questa successione di date sta la figura di un personaggio poliedrico, fine intellettuale, apprezzato teologo, combattivo apologeta, zelante predicatore, instancabile ricercatore di senso.
Una decina d’anni fa l’oratoriano Edoardo Aldo Cerrato, attualmente vescovo di Ivrea, in un’intervista per questo giornale sottolineò che il santo mai cedette «a quella che egli chiamava la “apostasia dei nostri tempi”, cioè la persuasione diffusa che dove è in gioco il nostro rapporto con l’Assoluto possiamo pervenire soltanto a posizioni opinabili, sulle quali è di buon gusto accettare che ognuno la pensi a modo suo, senza poter affermare niente di stabile, e quindi nulla che meriti di esser posto a fondamento della propria vita».
Newman stesso afferma che «il liberalismo si identifica ormai con tutto il mondo della cultura laica» (p. 277) e che «non è altro che quel profondo e plausibile scetticismo» (p. 278) che Benedetto XVI chiamerebbe «dittatura del relativismo». Come si evince dalla difesa di sé stesso, del proprio percorso di ricerca, delle proprie convinzioni, redatta di getto nel 1864, egli fu un cercatore di verità, mettendo a rischio per questo il suo indiscusso prestigio e la sua brillante carriera accademica, trovando nella Chiesa cattolica un approdo sicuro e rassicurante. In effetti egli testimonia che «dal momento in cui divenni cattolico […] ho goduto una perfetta pace e tranquillità; non mi è più venuto un sol dubbio […] ma avevo l’impressione di entrare in porto dopo una traversata agitata; per questo la mia felicità, da allora ad oggi, è rimasta inalterata. […]. Diecimila difficoltà, secondo me, non costituiscono un solo dubbio, difficoltà e dubbi sono incommensurabili fra loro» (p. 257-258).
Benedetto XVI, suo grande ammiratore, disse che il ministero a cui «John Henry Newman fu chiamato comportò l’applicazione del suo sottile intelletto e della sua prolifica penna a molti dei più urgenti “problemi del giorno”. Le sue intuizioni sulla relazione fra fede e ragione, sullo spazio vitale della religione rivelata nella società civilizzata, e sulla necessità di un approccio all’educazione ampiamente fondato e a lungo raggio, non furono soltanto di importanza profonda per l’Inghilterra vittoriana, ma continuano ancor oggi ad ispirare e ad illuminare molti in tutto il mondo».
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