“Il futuro tra utopia e catastrofe”: al via il ciclo di incontri diocesani
Ecco le date: martedì 30 novembre, martedì 7 e martedì 14 dicembre, con orario di inizio alle ore 21. I relatori, come vuole la “tradizione” di questi appuntamenti, sono di altissimo livello: il 30 novembre sarà ospite il professor Pierluigi Viale, Ordinario di Malattie Infettive nell’Università di Bologna e direttore del Dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche dell’Azienda ospedaliero-universitaria Sant’Orsola-Malpighi. A seguire, il 7 dicembre, interverrà il professor Stefano Zamagni, docente di Economia politica nell’Università di Bologna e presidente della Pontificia accademia delle Scienze sociali; mentre martedì 14 il ciclo di incontri si concluderà con la professoressa Morena Baldacci, teologa, docente di Liturgia alla Facoltà teologica di Torino.
Abbiamo chiesto a Renato Balduzzi (nella foto qui sotto), Ordinario di diritto costituzionale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, nonché instancabile promotore dei Martedì diocesani, di cominciare a introdurci ai contenuti che ascolteremo. A partire dal titolo: “Il futuro tra utopia e catastrofe”.
Professor Balduzzi, perché questo titolo?
«Da una parte, la catastrofe è in mezzo a noi, sotto forma di un virus pandemico che sappiamo non sarà l’ultimo, sotto forma di una malattia dell’ambiente difficile da curare, e sotto forma di una malattia spirituale, anche dentro la Chiesa, che sappiamo di dover curare. Questa “terna” di difficoltà può essere considerata dunque come una “catastrofe”. Dall’altra, noi abbiamo delle ragioni di speranza, e per questo il futuro non è più soltanto un tempo verbale, ma è la nostra speranza: nei confronti delle minacce per la salute, intrecciate con quelle per l’ambiente e con le minacce spirituali che rendono più difficile il cammino comune nella Chiesa».
Parliamo dei relatori di questi Martedì di Avvento.
«Per i motivi che ho esposto, abbiamo invitato un infettivologo di grande equilibrio come Pierluigi Viale, che ci aiuterà a capire come si può vivere e stare in mezzo alle pandemie, per evitare di comportarci come fanciulli ignari o come “alieni” arrabbiati e facili prede delle tante “bufale” che circolano sul web. Sotto il profilo dell’ambiente, Stefano Zamagni, economista di fama internazionale, ci spiegherà perché quella di Francesco non è un’utopia, ma può diventare un luogo, un topos della nostra vita. E infine Morena Baldacci, teologa della liturgia, ci aiuterà a capire come ridurre lo scarto tra sinodalità liturgica e sinodalità pastorale. Uno scarto che ci sarà sempre, è chiaro, ma che a noi sembra ancora eccessivo».
Di questo ciclo di tre incontri, qual è l’appuntamento che lei attende con più interesse?
«È difficile dirlo. Il primo incontro è più immediato, per imparare a vivere nella pandemia e a sconfiggerla; il secondo rappresenta il medio-lungo termine: guarda alle generazioni di domani, perché noi siamo oggi la prima generazione a percepire così chiaramente il cambiamento climatico nella nostra vita. Il terzo Martedì invece è per l’oggi e per il domani, perché affronta la domanda su quale sia il legame tra il professare la nostra fede e la vita: come possano stare insieme fede e storia, che cosa unifichi la nostra vita interiore e l’attività esteriore, come collegare l’eucaristia quotidiana o domenicale, la liturgia, i sacramenti con le relazioni tra di noi e verso gli altri, come passare dall’assemblea liturgica a quella sinodale, insomma con quale sentimento e atteggiamento, e con quale coerenza, affrontiamo la pandemia e le tante questioni di oggi».
Questi Martedì sono molto legati alla realtà che viviamo…
«Nella storia lunga dei Martedì è sempre stato così. La nostra è un’iniziativa che nasce da un’intenzione culturale, non come erudizione, ma nel senso di acquisire, attraverso la riflessione, strumenti di giudizio, di valutazione e di comprensione della realtà. Nell’Avvento, poi, i Martedì sono un modo per fare spazio dentro di noi alla novità dell’Incarnazione, qualcosa di straordinario e non semplice da cogliere, per prepararci al Natale come irruzione del totalmente Altro nella nostra realtà finita. Certo, è vero che oggi, nel contesto difficile in cui l’umanità si trova a vivere, si rende ancora più evidente quello che era l’intendimento originario. Questa situazione ci porta a elaborare una proposta più aderente alle domande di tutti i giorni».
Andrea Antonuccio