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Roberto Piccinini, l’eremita urbano

Alessandria

Roberto Piccinini, priore della confraternita di San Giovannino e “custode” della chiesa omonima in corso Roma ad Alessandria, mercoledì 7 dicembre ha compiuto un passo decisivo nella sua vita: ha iniziato un percorso che lo porterà alla professione religiosa. Diventerà un “eremita urbano”, figura prevista dal Codice di Diritto canonico riformato da San Giovanni Paolo II, a cui però non siamo abituati. Per questo abbiamo chiesto al diretto interessato di spiegarci bene di che cosa si tratta

Roberto, che cosa hai fatto?
«La risposta è nella immagine che ho scelto come riferimento di questo cammino. Essa rappresenta la chiamata di Dio alla vita eremitica, che poi è “il deserto”. Infatti la scritta in greco che si legge ἡ ἔρημος, significa letteralmente proprio questo: “l’eremo”, che è il termine greco che corrisponde all’italiano “deserto”, cioè la chiamata a ricercare la perfezione evangelica nella vita della solitudine, come scelta. Quindi la persona che si vede nell’immagine non è un Santo o un personaggio ben definito, ma è il cristiano che rispondendo alla chiamata di Dio (la mano benedicente uscente dal nimbo, che determina il cammino), si incammina sulla via della solitudine. Per dirla con un’espressione latina: “Solus cum Solo”».

 


Va bene, ma come cambia la tua vita adesso? E soprattutto: sei diventato un prete?
«No (ride), quella del prete non è la mia vocazione. La mia è una vocazione religiosa, con la giornata scandita essenzialmente dalla Liturgia delle Ore completa. Ma anche dalla sosta prolungata sulla Parola di Dio e sulla sua “ruminazione”. Mantenendo il servizio che continuo a svolgere per la Diocesi».

 

Qualcuno ha scritto che hai preso anche i voti di povertà, castità e obbedienza.
«No, non ancora. Questo è l’obiettivo, che raggiungerò quando il Vescovo deciderà. Per ora sono un viandante con il bagaglio sulle spalle».

Mercoledì scorso ai Vespri, il Vescovo ti ha consegnato l’abito di cui ti sei rivestito.
«L’abito oggi è una caratteristica soprattutto dei religiosi. In generale posso dire che mi ci sto abituando, anche se non nascondo che qualche volta mi crea difficoltà…».

Cioè?
«Camminando, ci inciampo… anzi, devo dire che anche questo è stato un momento di riflessione. L’abito non ti lascia fare quello che vuoi, ma quello che devi fare per camminare meglio».

Avremo modo di approfondire questi argomenti. Ma ora ti chiedo: perché l’hai fatto? Non potevi continuare a fare la tua vita normale?
«Nonostante l’età, 72 anni compiuti, non mi considero al capolinea, soprattutto dal punto di vista spirituale. Per la verità, il cammino è infinito, e io ringrazio il Signore che mi ha dato questa sensibilità di continuare a un livello più profondo. Il periodo di sosta forzata per i miei problemi di salute mi ha fatto riflettere ancora di più. E un anno e mezzo fa ho chiesto al Vescovo di verificare questa strada. Avevo letto di esperienze di tipo eremitico, calate nella realtà di una città. Quasi contemporaneamente è uscito un documento della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, “La forma di vita eremitica nella chiesa particolare. «Ponam in deserto viam (is, 43,19)». Orientamenti”. Un documento magnifico, di altissimo spessore, nel quale mi riconosco esattamente».

Dimmi come ha reagito il Vescovo quando gliene hai parlato…
«Il Vescovo ha mostrato una vera paternità nei miei confronti, prendendosi tutto il tempo necessario per capire e discernere. Lo ha fatto con grande delicatezza e bontà, che sono qualità oggi molto rare. La sua sensibilità spirituale certamente ha avuto una parte decisamente importante per capire la mia strada. Continuerà a essere il mio riferimento perché adesso è il mio diretto superiore. Il tutto nonostante gli impegni legati ai cambiamenti in Diocesi: l’unico ente, vorrei sottolinearlo, che sta avendo la forza di riformare se stesso».

Ricapitolando: hai intrapreso un cammino religioso di tipo eremitico e non hai ancora preso i voti ma lo farai al termine di un discernimento che durerà secondo quanto il Vescovo stabilirà. Ti chiedo, prima di salutarci: c’è una frase della Scrittura che ti sta in qualche modo guidando?
«Sì, certamente. Ed è questa: “Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto”. Non si può quindi conoscere la volontà di Dio con la mente offuscata da orgoglio, superbia e da tutti gli sconvolgimenti causati da una mente frantumata. Tutto ciò non lascia percepire il volere divino che ordina e armonizza le diverse realtà dell’uomo, che vive nella speranza tra il “già e non ancora”».

Ok, ma adesso come ti dobbiamo chiamare?
«Come prima (sorride). Ma quando prenderò i voti, dovrete chiamarmi “fra Roberto”!».

A. A.

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