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La torre dei Bianchi

“Alessandria racconta” di Mauro Remotti

A borgo Rovereto, precisamente in via Santa Maria di Castello, angolo via Verona, si trova un antico edificio noto come torre dei Bianchi. Apparteneva, infatti, all’aristocratica famiglia guelfa dei Bianchi di origine genovese che possedeva anche un’altra torre a Villa del Foro. Si hanno notizie dell’esistenza del piccolo fortilizio, ritenuto inespugnabile, almeno dal 1225; la piazza circostante era definita “Nobilium de Blanchis”.

In origine, non aveva costruzioni attigue ed era più alta rispetto all’attuale (quattro piani fuori terra) poiché doveva rappresentare la potenza dei proprietari e il loro controllo sulla città. Uno degli esponenti più famosi della casata è stato Ruffino, il quale, nel mese di gennaio del 1170, nelle vesti di console, si recò, insieme al collega Guglielmo de Brasca, a Benevento per fare dono a papa Alessandro III del sedime su cui sorgerà l’antico duomo di Alessandria, giurandogli fedeltà e promettendogli un censo annuo.

La torre marcava il confine con il “Canton di Russ”. «Il titolo al Cantone dei Rossi viene da lontano e si fa derivare da talune famiglie Rossi che qui avevano le loro case a ridosso delle vecchie mura spagnole», spiega lo studioso Piero Angiolini. A uno dei rioni più popolari di Alessandria, el canton di rus appunto, ora scomparso, ha dedicato un bel libro di memorie Carlo Gilardenghi, uno dei fondatori dell’Istituto per la Storia della Resistenza in provincia di Alessandria. La torre venne restaurata ai primi del Novecento e trasformata in belvedere con sovrapposizioni liberty dall’architetto Lorenzo Mina, tant’è che da allora è conosciuta anche come “casa Mina”.

Lorenzo Mina (20 novembre 1871 – 30 gennaio 1941) fu direttore ad honorem della pinacoteca di Alessandria e pubblicò una serie di monografie dedicate ai principali monumenti architettonici cittadini. «La sua attività forse più significativa è stata però la progettazione di mobili e oggetti in ferro battuto: cancelli, ringhiere, fregi, stemmi araldici, realizzati dalla bottega dei fratelli Alessio, in via Mazzini, nonché di monogrammi, ex libris, che fecero di lui un designer avanti lettera», riporta l’Enciclopedia alessandrina – I Personaggi. Personaggio eccentrico, aveva fatto apporre sulla facciata della torre il motto “Si fa come si può”.

La torre appartenne anche l’artista Angioletta Firpo, scomparsa prematuramente nel 1997, che ha avuto uno studio proprio in cima. Un’ultima curiosità: sulla pietra d’angolo sono incisi misteriosi simboli esoterici.

Mauro Remotti

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