“Fede&Psiche” di Enzo Governale
Siamo umanamente pronti a riconoscere Cristo in mezzo a noi? Se dopo aver letto la rubrica del mese scorso avete risposto affermativamente a questa domanda allora è il caso di festeggiare. Significa che siete in grado di riconoscere la presenza di Cristo, qualora si dovesse palesare lungo il vostro cammino. Ma non esagerate con il vino perché non è finita qui. Quando si incontra Cristo il cuore non rimane quieto, inizia a muoversi, a battere più forte a tendere verso qualcosa di misterioso e infinito, perché ciò che ci chiede è di scegliere da che parte stare e, solitamente, quando si sceglie occorre mettersi in gioco e capire qual è il nostro rapporto con la libertà. Nel tempo abbiamo definito questo legame tra scelta e libertà con il termine “libero arbitrio”. Ma è davvero possibile esercitare il libero arbitrio e quindi prendere una decisione in totale libertà?
Ogni persona è costituita da un patrimonio di informazioni che comprende sia l’eredità biologica, che la storia personale e quindi le esperienze di vita. Queste informazioni sono sia razionali che irrazionali, incluse le esperienze che vengono acquisite nel tempo e gli istinti che vengono fisiologicamente ereditati.
L’esperienza è essenzialmente il risultato dell’ambiente nel quale si è cresciuti (famiglia, amicizie, scuole), dei libri che abbiamo letto, dei modelli di vita che incontriamo lungo la nostra vita e della professione che esercitiamo. Invece, gli istinti sono i comportamenti, le emozioni e le sensazioni che viviamo a volte senza riuscire a comprenderle fino in fondo. Queste informazioni si accumulano nel nostro apparato psichico e diventano inconscio, un “tesoro” che risiede nella nostra mente e che si manifesta consciamente nella vita di tutti i giorni: nelle parole che pronunciamo o scriviamo, nei gesti, nei comportamenti, nelle scelte che facciamo.
Freud, che ha “scoperto” l’inconscio, contrappone al libero arbitrio il “totale determinismo psichico”, ovvero il concetto che le nostre scelte sono in realtà la somma meccanica dei nostri istinti. Da queste considerazioni derivano conseguenze significative. In primo luogo, sembra sia inevitabile ripetere gli stessi comportamenti, compiendo quindi gli stessi errori (anche se qualche volta accade). In secondo luogo, ci si può chiedere se siamo realmente noi i responsabili delle nostre azioni.
Siamo liberi di decidere di andare ovunque, ma non in Myanmar, se non siamo consapevoli dell’esistenza di questo luogo. Tuttavia, possiamo raggiungere il Myanmar se apprendiamo della sua esistenza e dei mezzi per raggiungerlo. Allo stesso modo, siamo liberi di decidere di fare il male o di fare il bene, ma per scegliere il bene dobbiamo comprendere perché è la scelta giusta e se lo avrò memorizzato nel mio inconscio, allora la mia scelta sarà “liberamente condizionata” dall’inconscio. La maggiore o minore libertà dei nostri pensieri e azioni dipende dal numero di informazioni presenti e operanti nel nostro inconscio. Soprattutto le esperienze, che possono modificare certi istinti e la parte più profonda e atavica dell’inconscio. In questo senso, posso provare ad agire sul mio inconscio vivendo esperienze di bene (potremmo dire “fare esperienza di Dio”, con le quattro coordinate che ci suggeriscono papa Francesco e il nostro Vescovo) che possano nutrire il mio inconscio.
In estrema sintesi: io sono ciò che mangio. Nutro il mio corpo con il cibo che ingerisco e allo stesso tempo nutro il mio inconscio con il nutrimento della psiche (esperienze e istinto) e della mia spiritualità (esperienza di Dio), la vera risposta a quel bisogno di infinito che è sempre presente nella nostra vita, ma che diventa incontenibile dopo l’incontro con Cristo. D’altra parte forse intendeva proprio questo quando ha detto: «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio».