Meditazione del Santo Padre nella capella della Domus Sanctae Marthae
Lunedì, 16 settembre 2013
Un buon cristiano partecipa attivamente alla vita politica e prega perché i politici amino il loro popolo e lo servano con umiltà. È la riflessione proposta da Papa Francesco questa mattina, lunedì 16 settembre, durante la messa celebrata nella cappella di Santa Marta. Commentando il brano del vangelo di Luca (7, 1-10) dove è narrata la guarigione, a opera di Gesù, del servo del centurione a Cafarnao, il Pontefice ha sottolineato «due atteggiamenti del governante». Egli deve innanzitutto «amare il suo popolo. Gli anziani ebrei dicono a Gesù: egli merita quello che chiede perché ama il nostro popolo. Un governante che non ama non può governare. Al massimo può mettere un po’ d’ordine ma non può governare». E per spiegare il significato dell’amore che il governante deve al suo popolo il Santo Padre ha ricordato l’esempio di Davide che disobbedisce alle regole del censimento sancite dalla legge mosaica per sottolineare l’appartenenza della vita di ogni uomo al Signore (cfr. Esodo 30, 11-12). Davide però, una volta compreso il suo peccato, ha fatto di tutto per evitare la punizione al suo popolo. E questo perché, anche se peccatore, amava il suo popolo. […]] Dunque «ogni uomo e ogni donna che assume responsabilità di governo deve porsi queste due domande: io amo il mio popolo per servirlo meglio? E sono umile da sentire le opinioni degli altri per scegliere la migliore strada?». Se costoro — ha sottolineato il Pontefice — «non si fanno queste domande, il loro governo non sarà buono».] Anche i governati però devono fare le loro scelte da compiere. Cosa dunque bisogna fare? Dopo aver notato che noi «come popolo abbiamo tanti governanti», il Papa ha ricordato una frase di san Paolo tratta dalla prima lettera a Timoteo (2, 1-8): «Raccomando, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio».] Questo significa — ha puntualizzato Papa Francesco — che «nessuno di noi può dire: ma io non c’entro, sono loro che governano. No, io sono responsabile del loro governo e devo fare del mio meglio perché loro governino bene, partecipando alla politica come posso. La politica, dice la dottrina sociale della Chiesa, è una delle più alte forme della carità, perché è servire il bene comune. E io non posso lavarmene le mani: ciascuno di noi deve fare qualcosa. Ma ormai abbiamo l’abitudine di pensare che dei governanti si deve solo chiacchierare, parlare male di loro e delle cose che non vanno bene». […]] Qual è allora «la cosa migliore che noi possiamo offrire» ai governanti? «È la preghiera» ha risposto il Pontefice, spiegando: «È quello che Paolo dice: pregate per il re e per tutti quelli che hanno potere». Ma «si dirà: quello è una cattiva persona, deve andare all’inferno. No, prega per lui, prega per lei, perché possa governare bene, perché ami il suo popolo, perché sia umile. Un cristiano che non prega per i governanti non è un buon cristiano. Bisogna pregare. E questo — ha precisato — non lo dico io. Lo dice san Paolo. I governanti siano umili e amino il loro popolo. Questa è la condizione. Noi, i governati, diamo il meglio. Soprattutto la preghiera».] «Preghiamo per i governanti — ha concluso Papa Francesco — perché ci governino bene. Perché portino la nostra patria, la nostra nazione avanti, e anche il mondo; e ci sia la pace e il bene comune. Questa parola di Dio ci aiuti a partecipare meglio alla vita comune di un popolo: quelli che governano, con il servizio dell’umiltà e con l’amore; i governati, con la partecipazione, e soprattutto con la preghiera».
da: L’Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 212,17/09/2013)