Care lettrici,
cari lettori,
apriamo Voce con l’intervista al professor Renato Balduzzi, che è tra gli organizzatori degli imminenti Martedì d’Avvento nella nostra diocesi. Gli abbiamo chiesto di approfondire i temi di questi tre incontri, a partire dal titolo: “Resistenti per amore”. L’intervista è QUI, vale la pena leggerla.
I Martedì iniziano il 26 novembre alle 21, all’Auditorium San Baudolino: siamo tutti invitati a partecipare.
Non solo: quattro giorni dopo, sabato 30 novembre alle 21 (questa volta al Teatro San Francesco) si aprirà il nuovo Anno pastorale diocesano. La serata (trovate la locandina e tutte le informazioni QUI) nasce dall’aver accolto l’invito all’immedesimazione che il nostro Vescovo ha lanciato nella sua ultima Lettera pastorale, “La gioia di essere Chiesa”, alla fine del terzo capitolo dedicato a Giaìro e all’emorroissa.
Scrive monsignor Gallese: “Prova a usare la tua fantasia, come ho fatto io, per entrare in questa storia immedesimandoti in uno dei personaggi, di quello che ti viene più congeniale, con cui hai più similitudini”. Giaìro e l’emorroissa: due figure che nel Vangelo hanno avuto a che fare, in maniera drammatica e allo stesso tempo salvifica, con Gesù Cristo.
Le loro storie, davvero impressionanti, sono storie di fede e di speranza: una fede che va oltre il “misurabile” (quello che pensiamo di aver capito, oltre il quale nulla è possibile secondo noi) e spezza le trite convinzioni e la mentalità con cui molto spesso affrontiamo le gioie e i dolori della vita; e poi una speranza che rigenera la vita e ha un volto, qualcuno a cui rivolgersi con fiducia anche quando tutto sembra volgere al peggio. Ecco, per la serata del 30 novembre (a cui vi invito personalmente) abbiamo scovato due “contemporanei” che potessero raccontarci la stessa fede e la stessa speranza: sono Paolo Brosio e Chiara Perrone. Paolo, giornalista e scrittore, si immedesimerà con l’emorroissa; Chiara, medico geriatra, con Giaìro (Chiara non è un volto noto, ma difficilmente ascolterete qualcosa di più cristiano di quello che racconterà). Entrare così nel Vangelo è una sfida, innanzitutto con sé stessi. E sì, perché gli uomini e le donne che Gesù ha incontrato più di duemila anni fa siamo noi, oggi: siamo noi il figliol prodigo, la samaritana al pozzo o il giovane ricco che “se ne andò, triste” (quante volte mi è capitato!). Senza questa contemporaneità con Cristo, cercato e amato, che cosa ce ne faremmo della biografia di un giovane falegname di Betlemme?
Andrea Antonuccio – direttore@lavocealessandrina.it