La Diocesi di Alessandria in festa per l’ordinazione diaconale del seminarista Domenico Dell’Omo
In queste settimane così difficili, la Diocesi di Alessandria si prepara a vivere un particolare momento di festa. Sabato 25 aprile alle 10.30 in Cattedrale (a porte chiuse), Domenico Dell’Omo verrà ordinato diacono. Dopo essere entrato in seminario nel settembre 2015, ha ricevuto il ministero dell’Accolitato il 18 aprile 2018. Anche i suoi compagni di seminario hanno voluto augurargli il meglio per questo importante traguardo, con alcuni messaggi che potete leggere qui. Domenico ha messo al centro del suo cammino il servizio (“diakonía”, appunto): partendo da quello sull’altare fino al pellegrinaggio di Lourdes con gli ammalati. Un uomo semplice e umile che a quell’Amore infinito ha risposto: «Sì, eccomi!».
Domenico, quando ti avevamo intervistato per il tuo accolitato avevi detto che quel traguardo era «una consapevolezza in più sul cammino da percorrere». Cos’è cambiato in questi due anni?
«La consapevolezza è cresciuta sicuramente, e si è rafforzata nella preghiera e nello stare con il Signore. Questi ultimi due anni sono stati molto intensi, sia nei momenti più belli che in quelli più faticosi. Sempre però con la certezza di camminare verso un nuovo orizzonte da raggiungere».
Che significato ha per te diventare diacono?
«Per me diventare diacono vuol dire assumere e mantenere degli impegni di vita, preghiera, servizio e responsabilità. Una responsabilità fiduciosa nell’aiutare, amare e servire i fratelli e nel sentirsi amati e confrontati da quella “presenza d’amore” da cui sono stato incontrato anni fa. A quell’Amore infinito ho risposto: “Sì, eccomi!”. E ho iniziato a seguirlo…».
Cos’è per te il servizio?
«Il servizio, dal greco “diakonía”, è un esserci per gli altri, un impegno nella liturgia, un esserci nella preghiera, un prepararsi e un preparare. È un esserci specialmente in questo periodo così difficile per tutti. Il servizio a Lourdes con l’Oftal negli anni scorsi è stato la “via parallela”, il servire gli ammalati, quelli più deboli. Sono due dimensioni strettamente collegate: servire il Signore e servirlo nei fratelli più bisognosi».
Come ti sta cambiando questa situazione di emergenza?
«Questa emergenza, dopo lo stupore iniziale che tutti abbiamo provato, ha fatto scattare ancora di più l’imperativo di rimboccarsi le maniche e intensificare preghiera e servizio, sia qui in seminario che “fuori”. Proprio con questo spirito, in queste settimane noi seminaristi stiamo andando ad aiutare la Caritas diocesana per la preparazione e distribuzione dei pasti».
In che modo hai vissuto questa Quaresima così diversa?
«Posso dire con certezza che questa Quaresima è stata la più intensa della mia vita. Con le celebrazioni con il popolo sospese, ho avuto al netta percezione di avere la grazia di essere in seminario e di poter partecipare all’eucarestia, anche per quelli che in queste settimane non possono ricevere la comunione sacramentale. Sì, anche questa per me è stata una grazia, non un privilegio… Una grazia a cui rispondere con riconoscenza e gioia».
L’esperienza del seminario come ti sta cambiando: è davvero una “palestra” per affrontare il sacerdozio?
«In un certo senso sì. Il seminario è una palestra sia per quanto riguarda la vita spirituale che per la crescita nelle relazioni con gli altri, cioè la vita comunitaria. Devo ammettere che rispetto ai primi tempi sono un po’ più tollerante verso le debolezze altrui e… anche verso le mie (ride). È proprio vero che il Signore è capace di trasformare un cuore di pietra in un cuore di carne».
Alessandro Venticinque