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Tra Quaresima e quarantena

I “nostri” seminaristi ci raccontano la loro esperienza… con un augurio speciale

  • Alberto Arturi
    «Ciao, sono Alberto e come tutti voi sto facendo esperienza del lockdown. Chi l’avrebbe mai immaginato? Io non di certo, eppure la sto vivendo in seminario insieme alla comunità. Quando l’allerta è iniziata non mi sembrava vero, era al limite della fantascienza venire a sapere che un virus nuovo e sconosciuto stava facendo morti ovunque, e che subito dopo si sarebbe trasformato in pandemia. Ricordo che a fine gennaio ne sentii parlare dai media, era in Cina, dall’altra parte del mondo e non credevo potesse arrivare in Italia. Presto il coronavirus si manifestò in Lombardia, il timore che potesse presentarsi anche ad Alessandria e nelle realtà che frequentavo mi spaventava. Anche in comunità la preoccupazione cresceva e cercavamo di intuire come poter evitare di entrare in contatto col virus, così da poter preservare i nostri cari e la nostra stessa comunità. Insieme abbiamo maturato la cosa migliore da fare, restare al nostro posto, in seminario, e continuare a vivere il cammino nel quale il Signore ci aveva chiamati.

    Continuare con la nostra vita ordinaria in questo momento di emergenza sanitaria straordinaria era quello che il Signore ci chiedeva. Così facendo, la nostra vita comunitaria si è intensificata e anche le nostre relazioni sono diventate sempre più autentiche. Abbiamo imparato a conoscerci meglio e a faticare insieme, prendendoci cura gli uni degli altri, passando attraverso scontri e incomprensioni, ma anche momenti di gioia e riconciliazione. Stiamo imparando a camminare, ogni giorno, insieme. In comunità viene naturale avere come esempio il fratello più avanti nel cammino, in questo caso Domenico, che per me è stato punto di riferimento fin dai corsi vocazionali al Seminario interdiocesano di Betania dove ci siamo conosciuti. Abbiamo continuato a condividere il servizio in parrocchia a San Pio V e, durante la Gmg di Cracovia 2016, la nostra amicizia ha preso forma. Tra pochi giorni sarà ordinato diacono e ringrazio il Signore per avermelo messo a fianco come fratello e bussola nel cammino! Buon servizio Dome!».
  • Raoul Kouamè.
    «All’annuncio della presenza del Covid- 19 sul suolo italiano, sono stato anch’io tormentato dal sentimento di paura, di ansia soprattutto pensando a quelle che sarebbero state le conseguenze che si sono verificate poi in tutti i settori d’attività, scatenando così una serie di situazioni di anormalità. Di fatto, come scriveva don Repole, non è normale vedersi portare via il padre, la madre o un parente ammalato su un’ambulanza senza poterlo abbracciare, confortare, accudire, nell’incertezza straziante di poterlo ancora rivedere. Non è normale trovare le persone isolate nelle case, prigioniere assillate dal pensiero di contagiare oppure di essere contagiate, anzi, non è normale non potersi più fidare degli altri né di sé stessi, con il dubbio di mettere in pericolo entrambe le vite. Non è normale seguire le lezioni della facoltà in streaming, non è normale scorgere le piazze, le strade della città risplendere della bellezza del silenzio che diventa assordante. Non è nemmeno normale l’aria deleteria, triste che gira in tutte le città dell’Italia e del mondo.

    Questa sequenza di anormalità non ha neanche risparmiato la chiesa al punto che l’Alleluia pasquale, acclamazioni di gioia, di allegria, espressione della risurrezione di Cristo portatore di speranza sia stato intonato in mezzo a chiese vuote, silenziose, deserte. Un silenzio che interpreto come possibilità offerta a ciascuno per riscoprire i veri valori della vita. Inoltre, nella nostra comunità seminaristica, abbiamo accolto questa nuova realtà anormale cercando di viverla nella fede e nella solidarietà mantenendo i nostri impegni di preghiera, di studio e di servizio alla Caritas. Questo momento è stato proficuo per me, soprattutto dal punto di vista dello studio, perché mi ha dato la possibilità di portare a termine la stesura della mia tesi del baccalaureato in teologia. Volevo concludere questo mio intervento, rivolgendo un saluto al seminarista Domenico Dell’Omo che non ci ha fatto mancare il pane quotidiano in questi giorni di quarantena. L’ho conosciuto alcuni anni fa a Betania quando ci andavo per le direzioni spirituali, poi ci stiamo ritrovati a intraprendere insieme il cammino nel seminario di via San Lorenzo. Ritengo Domenico una persona caritatevole, empatica e attenta al bisogno degli altri. Possa il Signore benedirlo, colmarlo di entusiasmo nel suo futuro ministero diaconale».
  • Marco Langella.
    «Nel contesto attuale in cui ci ritroviamo tutti, come seminarista ho trovato giusta la decisione di rimanere in seminario per evitare rischi soprattutto nei confronti dei nostri cari. Questo ha comportato una rinuncia dell’incontro fisico, per optare su di uno virtuale per mezzo dei social. Ovviamente non è la stessa cosa: ti priva di situazioni, comportamenti e abitudini che solo nella tua famiglia ritrovi. Ma come non riportare alla mente chi vede ricoverati i propri cari senza avere la certezza di rivederli o di darne un ultimo saluto e quindi proiettarsi nella medesima situazione? Sicuramente è l’aspetto più subdolo e atroce di questa pandemia che ti mette davanti a un bivio. Nella routine quotidiana di seminario, si sono rese necessarie alcune accortezze non solo ad un livello personale, ma anche ad un livello comunitario. Qui emergono gli aspetti positivi e negativi, le difficoltà e i vantaggi sollecitano la persona a una crescita, a uno stare con se stessi e con gli altri senza poter fare diversamente. Penso per esempio alla noia, alla libertà limitata, al poco movimento , all’impossibilità di viverti l’ambiente esterno viceversa lo stare in compagnia, l’aiuto reciproco, il condividere le giornate.

    Personalmente, ciò che mi ha aiutato ad affrontare questa prova, perché cosi che io la sento è stata la costanza nella preghiera, la presenza del Santissimo l’affidarsi a Nostro Signore Gesù Cristo e alla Beata Vergine Maria in una parola sola: la fede. Io penso che sia questo l’insegnamento da far proprio in queste situazioni, in cui ciò che prima si riteneva indispensabile ora diviene un castello di sabbia spazzato via dal vento, in questo caso da un virus e che ti lascia davanti a un bivio – di cui ho parlato in precedenza – o scegliere di disperarti e farti prendere dalla paura, oppure fidarti della Divina Provvidenza. Ma non solo ci pone davanti a una serie di paure, ma alla paura forse più grande quella del guardarsi dentro e vedere chi realmente si è. Tuttavia, non ci sono solo momenti dolorosi o di profonda riflessione da affrontare, ma anche momenti di gioia e di festa come il prossimo diaconato di Domenico. Io ho avuto modo di conoscerlo da alcuni anni nella nostra parrocchia il Cuore Immacolato di Maria, dove abbiamo svolto entrambi servizio per quella comunità, e ho imparato ad apprezzarlo come persona, come uomo di preghiera, di servizio alla Chiesa e in seminario riconoscendone la sua disponibilità, generosità e umiltà. Auguro a Domenico ogni bene per questa nuova tappa verso il sacerdozio, affinché continui a svolgere i suoi compiti con spirito di servizio e amore verso la Chiesa nella volontà di Dio e sotto la protezione della Madonna».
  • Alessandro Capra.
    «Il periodo di quarantena in seminario credo sia differente da qualsiasi altra quarantena. Tutti si trovano ad affrontarla in casa, chi con la propria famiglia, chi con i propri affetti, chi con le proprie cose. Noi, come ironicamente dico, ci troviamo a vivere con degli estranei in un posto che non è casa nostra. Devo però altresì affermare che la violenza della quarantena per me si è fatta sentire con ventiquattro ore di anticipo sulla scandalosa fuga di notizie circa l’estensione della zona rossa di Codogno. Ricordo con precisione quando le tre persone a cui voglio più bene mi hanno salutato senza un abbraccio, giustificandosi per la paura del virus. Da quel momento ho capito che qualcosa stava succedendo, ho realizzato che la cosa era più grande di quanto credevo. Così, di punto in bianco, mi sono ritrovato isolato con estranei in questa strana struttura che dovrebbe funzionare da casa, da luogo di formazione e soprattutto da luogo di preghiera. Subito ho cercato di capire il senso del restare in questa condizione con la diffusione di una pandemia.

    Ad aiutarmi in questa fase di ricerca, ho trovato gli estranei con cui condivido il cammino in questi anni, stando insieme ci si è conosciuti un po’ di più, sino a essere un po’ meno estranei. Oltretutto date le restrizioni del governo abbiamo dovuto supplire la nostra cuoca, e siamo andati a sostituire gli indispensabili volontari over 65 per il servizio alla mensa in Caritas. Tra i miei compagni c’è Domenico, lui e io, anagraficamente parlando, siamo un po’ gli estremi… Eppure il nostro cammino è iniziato quasi contemporaneamente: l’ho conosciuto quando nel 2014, nel pieno di una crisi vocazionale, sono stato accompagnato all’allora comunità propedeutica in viale Thovez a Torino, il mio cammino ha richiesto ancora tempo prima che decidessi di entrare in seminario. Ora lui a giorni diventerà diacono, e il nostro cammino continua in questa quarantena, facendoci scoprire parti che mai avremmo creduto di avere. Per quanto mi riguarda sto affrontando una seria riflessione sulla vita attiva o contemplativa. A Domenico va il mio augurio di poter continuare a camminare verso la luce vera, quella che illumina ogni uomo…. io, con i miei tempi, arrivo. Tu non ti fermare.

Leggi anche l’intervista al seminarista Domenico Dell’Omo: A quell’Amore infinito ho risposto: «Sì, eccomi»

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