“Fede e medicina” di Franco Rotundi
Ha perfettamente ragione, con parole profetiche, il Santo Padre quando dice: «Da questa tragedia non usciremo uguali: potremo essere migliori o peggiori», aggiungendo poi che «il peggio di questa tragedia sarebbe non coglierne l’opportunità per essere migliori». Come fare noi credenti, in particolare medici cattolici, lo abbiamo già ripetuto. Ma come imparare la lezione?
Ritengo che il primo impegno sia quello di fare cultura, non soltanto in termini di ricerca scientifica, di politica sanitaria o di scelte mediche e sociali. Da troppo tempo, forse da ancor prima che si dissolvesse l’unico partito politico di ispirazione cristiana in Italia, il medico cattolico ha abdicato quasi completamente a portare la sua cultura spirituale e anche i principi della nostra fede nella sua professione.
La fede troppo spesso in ambito sanitario è rimasta “in sordina”, quasi un ostacolo al progresso scientifico, riducendosi a una pur buona “appartenenza” a un pensiero filantropico o filosofico applicato alla pratica medica. La pandemia ci ha tragicamente posto di fronte a una società sempre più vecchia, dove le povere vittime, in Italia soprattutto, sono di una età avanzatissima e con malattie croniche, peraltro ben curate. Quasi nessuno di noi, precedentemente, ha fatto una cultura per la difesa della vita in ambito medico scientifico. Pochi di noi si sono accorti che gli aborti provocati, in Italia e nel mondo, la pandemia, sono continuati, se non addirittura aumentati.
Pochi di noi, sottaciuto dai media, si sono accorti di cinquanta bimbi in ostaggio in Ucraina nati da maternità surrogate dalla barbarie clinica, prima ancora che sociale, praticate su bimbi e su donne, dell’utero in affitto. Tutte pratiche che non sarebbero possibili senza l’intervento dei medici, ma che vengono ritenute addirittura un progresso, dalla dittatura del “politicamente corretto”. Solo alcuni vescovi, e non certo i medici, hanno levato la voce su questo “doppio crimine”.
Io ripartirei dalla cura della persona, io ripartirei dalla difesa della vita proprio su basi scientifiche ed epidemiologiche, ancor prima che morali. Accertando che il problema demografico è il peggiore dei mali nella nostra società sempre più scristianizzata. Non siano più pochi, tra i medici cattolici e non, coloro che fanno finta di non accorgersi che una società senza bambini, senza giovani non ha futuro, diventa “incurabile” clinicamente, ancora prima che spiritualmente. Partiamo da qui: sempre affidandoci a Maria Santissima.
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