Intervista a Domenico Cirillo, storico sacrestano
Domenico Cirillo (nella foto), classe 1949, per 18 anni collaboratore parrocchiale della parrocchia del Carmine, da sabato 30 ottobre ha lasciato il suo incarico. Un volto storico, sempre presente, che era possibile incrociare in parrocchia o nei dintorni. Lo abbiamo intervistato, nella sacrestia del Carmine, per farci raccontare questa bella storia.
Domenico, il 30 ottobre si è chiusa un’epoca, iniziata nel 2003. Come è nato tutto?
«Mia moglie aiutava don Agostino a fare le pulizie. Parlando con lei, il parroco le aveva detto di aver bisogno di qualcuno per controllare e fare delle commissioni. Mia moglie gli rispose che c’ero io, che tra l’altro ero in pensione da un mese. E così, dal 3 agosto 2003 ho iniziato questo servizio, e don Agostino è rimasto sin dai primi giorni contento di me. L’ho fatto come volontario per 18 anni».
Prima che lavoro facevi?
«Ho fatto l’orefice per 30 anni: 19 ad Alessandria e 11 a Valenza. Io sono nato a Rosarno, in provincia di Reggio Calabria, e nel 1962 sono venuto ad Alessandria con tutta la famiglia. Avevo 13 anni… ci siamo stabiliti e siamo rimasti qui. Ogni tanto torno in Calabria a trovare qualche parente».
Come definiresti questi 18 anni al Carmine?
«Direi che sono andati molto bene. Prima don Agostino e poi don Mario mi hanno fatto stare bene, sono persone gentilissime. Ho sempre fatto di tutto. Alle 8.30 arrivavo e iniziavo a preparare per la Messa delle 9. Al termine, iniziavo le pulizie o sbrigavo diverse commissioni. Prima facevo mattina e pomeriggio, poi dal 2019 ho fatto solo il mattino. Ho una bellissima nipotina, Ginevra, che ha 4 anni, che vuole stare un po’ col nonno… (sorride). E così ho deciso di darle la precedenza».
Il momento di questa esperienza che ti ha colpito di più?
«Mi ha commosso quando don Agostino ha lasciato questa terra. Ero molto affezionato a lui, lo conoscevo da sempre. Per la morte che ha fatto, mi è venuta tanta tristezza…».
C’è un Santo, tra quelli che troviamo al Carmine, a cui sei particolarmente devoto?
«Sicuramente sant’Anna, perché è il nome di mia moglie. C’è una statua proprio a sinistra dell’altare».
Senti, ma c’è chi dice che sia stata proprio tua moglie a chiederti di lasciare questo incarico…
«No, sono tutte chiacchiere (sorride). Mia moglie dice solo che ho bisogno di riposarmi, ma mi ha sempre lasciato libero di scegliere: “Se vuoi andare vai pure, però come fai a occuparti di tutte queste cose?”. Gli anni passano e gli impegni sono tanti. E poi, anche il fatto che don Mario Cesario ha lasciato mi ha dato un po’ di tristezza, sono tanto affezionato anche a lui».
Qual è il tuo rapporto con don Mario?
«Una persona squisita, che mi vuole bene. Anche lui è un po’ stanco, è cambiato molto dopo la morte del fratello. Erano davvero affiatati l’uno con l’altro».
Adesso chi ti sostituirà?
«Non so nulla, non sta a me decidere».
Chi vorresti ringraziare?
«Ringrazio tutti i parrocchiani che ho incontrato in questi anni. Ringrazio don Agostino e don Mario. E al nuovo parroco faccio il mio “in bocca al lupo”».
Alessandro Venticinque