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Ciao, Valentino

“La testa e la pancia” di Silvio Bolloli

Lo scorso fine settimana i campionati principali (e la Serie B dell’Alessandria non ne ha formato eccezione) hanno osservato un turno di riposo per lasciare la scena alle Nazionali: e così la notizia sportivamente più interessante del weekend è stata quella del definitivo ritiro dalle competizioni motoristiche (su due ruote) del leggendario Valentino Rossi.

Personalmente ricordo bene quando, nella seconda metà degli anni ’90, l’amico e collega (di giornalismo sportivo) Francesco Gastaldi mi annunciò che il figlio di Graziano Rossi stava per debuttare, ancora minorenne, nella classe 125 del Motomondiale. Valentino era già allora un predestinato e infatti si rivelò, sin da subito, pilota di straordinario talento e capacità imponendosi nelle due classi minori e, sin dal momento del debutto, in quella regina raggiungendo quel risultato che al suo grande rivale (in principio idolo, con tanto di poster appeso in camera) Max Biaggi era sfuggito.

Confesso di aver talvolta provato, in quegli anni, un certo desiderio di vederlo perdere, e ciò nonostante ci fosse un po’ di alessandrinità in lui, da sempre alfiere della “nostra” Agv. Infatti, la sua capacità di imporsi con leggerezza su tutte le piste e gli avversari mantenendo quell’aria piacevolmente irridente e strafottente unitamente al fatto d’esserne cannibale e di mettere gli altri piloti in uno stato di vera soggezione psicologica (averlo dietro portava a sbagliare con maggiore facilità) era stata, in certi momenti, così schiacciante da apparire persino irritante.

Tuttavia, col passare degli anni, e assistendo alle performance di un pilota che stava gradatamente perdendo di competitività fino a non essere più all’altezza dei giovani più veloci e a perdere il privilegio della moto migliore, il grande pesarese iniziò ad apparirmi sotto altra luce: quella, decisamente più umana e simpatica, di un uomo che ha accettato di correre per dieci anni senza più conquistare un titolo mettendosi in gioco fino ad esultare, all’ultima gara, per il decimo posto.

Faceva così anche Nuvolari quando non aveva l’auto migliore «lottava leoninamente anche per un tredicesimo posto», ebbe a scrivere una volta Enzo Ferrari). Ho allora compreso come, ben prima delle performance, dei successi, e delle immagini di copertina (dal titolo “The Doctor” al numero “46“), Valentino abbia sempre avuto quello speciale dono che solo i veri sportivi hanno e che supera perfino l’orgoglio: la passione.

Guarda anche la prima puntata di Venticinquesimo minuto con ospite Giuseppe Prestia (clicca qui)

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