Diocesi di Alessandria
Eccellenza, lo scorso 16 ottobre in Cattedrale lei ha aperto nella nostra Diocesi il Sinodo sulla sinodalità, che porterà alla celebrazione del Sinodo dei vescovi, previsto per il 2023. Ma non basta… Ci racconta che cosa ha in mente?
«Ho in mente un cammino sinodale anche a livello diocesano. Si tratta di un Sinodo “minore”: non un vero e proprio Sinodo, che è disciplinato dal codice di Diritto canonico e ha una connotazione articolata e impegnativa».
Un Sinodo “minore”?
«Nella storia della Chiesa di Alessandria sono stati indetti più volte dei Sinodi minori, per affrontare e discutere argomenti specifici. Lo stesso sta facendo oggi la Chiesa di Milano su diverse tematiche, e anche noi vorremmo muoverci in questo modo. Per due ragioni: la prima è che al Sinodo universale non vogliamo fornire dei contributi di carattere solamente teoretico, ma i frutti di un’esperienza. In secondo luogo, abbiamo bisogno di un “camminare insieme”, perché i veri cambiamenti non si fanno a colpi di decreti, ma si fanno con un cammino che si dettaglia fino al percorrere una strada sul territorio. Questo è un punto fondamentale, per cui il nostro Sinodo, che avrà come oggetto la formazione delle Unità pastorali, si concretizzerà in tre passaggi. Il primo è un cammino diocesano, con una convocazione iniziale in cui comunicherò le “coordinate” di questo percorso. Poi le quattro Zone pastorali, in cui si definirà la struttura essenziale delle Unità pastorali; e infine in ogni Unità pastorale occorrerà andare a fondo con nomi, cognomi e programmi, individuando concretamente come realizzare le cose. Lo scopo è far partire le Unità pastorali nel settembre del 2022. Abbiamo a disposizione anche due sacerdoti dedicati a questo: don Stefano Tessaglia, che si occuperà della sinodalità, soprattutto in relazione alla Conferenza episcopale italiana; e don Giuseppe Di Luca, che invece sarà il delegato del Vescovo per le Unità pastorali».
Quando inizierà questo Sinodo minore?
«Il 16 gennaio 2022, in Cattedrale, nel primo pomeriggio. Vorrà essere un momento di inizio, che avrà la sua parte più importante e consistente nella definizione concreta, nell’incarnazione delle singole Unità pastorali. Il percorso va dalla Diocesi alle Zone, e dalle Zone alle Unità pastorali. Queste ultime, ora come ora, potrebbero essere dieci, così articolate: tre per la Zona Città, tre per la Zona Fiumi, due per la Zona Fraschetta-Marengo e due per la Zona Valenza».
Eccellenza, ma lei che strada vuol farci fare?
«La strada è qualcosa che puoi progettare, anche se tante volte non va come pensi. Io, che sono scout, tante volte mi sono trovato di fronte a dei problemi, lungo la strada: realtà a cui ti devi adattare, situazioni di persone, di incontri, di impossibilità. La strada magari la sbagli, come è successo a me una volta sul Monviso con un gruppo di giovani, per colpa di una mappa inesatta. Avendo preso due percorsi differenti, abbiamo trascorso la notte in due rifugi diversi, uno in Italia e uno in Francia. Ricordo bene di aver celebrato l’Eucaristia di notte, solo con una candela accesa… una Messa clandestina, perché il proprietario del rifugio ci aveva vietato di celebrarla (sorride). Ecco, lungo la strada si vivono della avventure così, come capitano, ma che rimangono indelebili. La strada è maestra di vita, è un paradigma del vivere. Nel caso del Sinodo, è il vivere delle nostre comunità parrocchiali».
A chi sta affidando questo percorso?
«Allo Spirito Santo. Prego lo Spirito Santo perché ci guidi, sapendo che è Lui che fa la differenza e rende le cose nuove e vive. È Suo compito guidare la Chiesa».
Qual è il punto di arrivo?
«Noi partiamo, come dice papa Francesco, e poi vediamo (sorride). In realtà, incontreremo le diverse esigenze e le seguiremo. Queste esigenze già ci indicano una strada di comunione. Poi, come realizzeremo questa comunione, eh… lo capiremo insieme strada facendo e troveremo le risposte più adeguate ai problemi che via via si affacceranno».
Ai sacerdoti della Diocesi, che con i laici faranno questo cammino diocesano insieme a lei, che cosa chiede?
«Ai miei confratelli chiedo di affrontare la grande fatica di mettersi in gioco, dopo aver vissuto in questi anni un Ministero spesso estremamente avaro di consolazioni. E prometto che troveranno ristoro per le loro anime».
Andrea Antonuccio
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