Speciale Madonna della Salve/5
La copertina di monsignor Guido Gallese: «Il miracolo indica la via del Bene»
Eccellenza, se una persona riceve un miracolo dalla Madonna deve dirlo?
«Se uno riceve un miracolo dalla Madonna, la prima cosa da chiedersi è: “Perché mai la Madonna dovrebbe fare un miracolo?”. A questa domanda, noi solitamente diamo delle risposte molto semplicistiche: abbiamo un un bisogno, non ci piace affrontare la realtà in questa configurazione. Non ci vanno giù soprattutto gli aspetti più pesanti della realtà, per esempio i problemi di salute. Allora, avendo un problema, ci verrebbe da dire: ”Io sono stato scelto dalla Madonna perché, evidentemente, ho dei buoni meriti, per i quali lei mi ha prescelto, per i quali voglia farmi la grazia di una guarigione. E quindi me lo tengo per me”. Ma se io per caso pensassi che la Madonna ha fatto un miracolo con lo stile di Gesù che, ricordiamolo, era suo parente (sorride)? Lui li chiamava “segni”. Perché così sono denominati nei Vangeli, come “segni”, cioè “cose” terrene, materiali, che indicano una realtà spirituale. Allora, se è un “segno”, la Madonna fa un miracolo perché vuole indicare una realtà spirituale. E questa realtà spirituale, molte volte, è per l’intera comunità, per questo va ricordata. È un modo con cui Dio cerca di fortificare nella fede la comunità, dare dei messaggi, indicare qual è la via del bene. In questo senso allora un racconta un miracolo, perché si rende conto che non gli appartiene come un favore personale, ma è un dono comunitario».
Professor Luciano Orsini, direttore dell’Ufficio beni culturali della diocesi
Il professor Luciano Orsini, oltre a essere diacono permanente della nostra Diocesi, e anche direttore degli Uffici dei Beni Culturali diocesani. A lui abbiamo chiesto quali sono le radici del culto della Madonna della Salve e del legame che gli alessandrini hanno con la loro Clementissima Patrona.
Professor Orsini, perché la Madonna della Salve è la Patrona di Alessandria?
«Come domanda, equivarrebbe a dire: “Perché la Madonna è la tua mamma? Parlami della tua mamma, della storia della tua mamma”. Ma la Madonna della Salve non è soltanto mia, ma la Mamma di tutti noi. Quindi, parlare di Lei, significa portare nel cuore di coloro che ci ascoltano quel sentimento nato prima ancora che questo territorio si chiamasse alessandrino. Un sentimento che affonda le radici in una storia lontanissima da noi, qualcuno dice addirittura nel primo millennio. La zona nella quale oggi si estende Alessandria era cosparsa di piccolissime realtà rurali, come dice la tradizione e le ricerche degli storici. a questo proposito mi piace ricordare le approfondite ricerche condotte da monsignor Carlo Sassi, arciprete di San Lorenzo. Nei brandelli sopravvissuti delle sue memorie, purtroppo la canonica di San Lorenzo subì un bombardamento, nel quale anche la Casa delle suore di Maria Ausiliatrice fu distrutta, quello che si è ritrovato dice proprio che il culto mariano è certamente nei primordi del cristianesimo nel nostro territorio. Quindi, un amore che ha valicato il millennio. Un amore che è stato il conforto, in questo periodo, di tanti, tanti cuori. Perché la Madonna è stata scelta nell’immagine plastica di una donna addolorata ai piedi della Croce? Perché quella donna, Madre di Cristo, e proprio in quel luogo diventata Mamma di tutti noi, esprimeva la condizione che molte popolazioni stavano subendo. In un momento nel quale le invasioni erano quotidiane e costanti, a chi rivolgersi? Alla Madonna a dei dolori. Questo fu il primo titolo che la Madonna ebbe. Un amore che supera così tanti anni, non può che essere un amore concreto che quotidianamente si rinnova».
Perché gli alessandrini amano così tanto la Madonna della Salve?
«Gli alessandrini amano così tanto la Madonna della Salve perché è stata la prima protagonista di questa nuova realtà. È stata realizzata in ragioni politiche per avversare il Barbarossa. Ma, soprattutto, perché la collocazione dell’immagine della Madonna della Salve aveva già trovato ospitalità in quella che noi consideriamo oggi la più antica chiesa di Alessandria, addirittura preesistente alla città. Era la chiesa di quel borgo che allargandosi, fortificandosi, divenne una realtà cittadina. La Madonna della Salve abitava, infatti, nella chiesa di Santa Maria Vetere. Che poi, per essere stata inclusa nelle fortificazioni, diventerà e lo è ancora oggi San Maria di castello. Un amore che si perde nell’ambito della storia della nostra realtà. Grazie a Dio e alla Madonna, è un amore in crescendo verso la Vergine della Salve Clementissima Patrona. Un titolo che fu acquisito dopo la rigida, quasi la durezza, di Madonna dello Spasimo, per addolcire quella considerazione, ecco la Clementissima entra ancora di più nel cuore di tutti. E poi attraverso i secoli questo amore si ingigantisce, si irrobustisce. Anche perché gli alessandrini e la Diocesi, costituita a seguito della fondazione di Alessandria, nel tempo, si sono legati molto alla Vergine della quale riconoscono una protezione straordinaria. Nei momenti di calamità, di necessità, di dolore, nei momenti delle guerre a chi ci si poteva rivolgere per arrivare direttamente a Dio? Alla Madonna».
Esiste anche un volume “La Madonna della Salve”: ce ne parla?
«Questo è il compendio di una serie di studi promossi durante l’episcopato di monsignor Maggioni. Ce ne sono stati altri a seguire, ma questo ritengo essere il primo caposaldo che storicamente riporta le notizie, perché contiene davvero al storia della nostra Mamma, la storia della devozione. Ma soprattutto la storia distribuita ai più, anche i termini di appropriarsi di qualcosa che rappresenta e rappresenterà l’affetto degli alessandrini verso la Salve. Questo può essere un piccolo tassello della nostra storia ecclesiastica, che ciascuno può portare a casa. In Cattedrale sono a disposizione questi volumi: basta una piccola offerta o comunque il desiderio di portare a casa qualcosa che parla della nostra Protettrice».
Questo è anche l’intento del suo Ufficio dei Beni Culturali che custodisce e tramanda alle generazioni future tutto ciò che di bello e di buono è stato realizzato nella nostra Diocesi. Il senso è questo?
«Ma, soprattutto, il senso deve essere questo: ciò che passa dalle nostre mani o sotto i nostri occhi non è nostro. Ma è stato messo a nostra disposizione con il preciso impegno di trasmetterlo a coloro che verranno. Questo è l’impegno che ciascuno deve promuovere, al di là della conoscenza dei Beni Culturali, della storia e dell’arte. Trasmetterlo, proprio in termini di affetto, significa portare l’amore verso la Mamma, in uno spazio che non ci appartiene e che è il nostro futuro».