Collezionare per credere
Al comico toscano che quest’anno festeggia settant’anni si è ispirato Enrico Borgatti nella stesura delle strisce da collezione (1981) “Benigni e le donne”,”Benigni e gli amici” e “Benigni e il confessore”, ormai da reperire in fiere specializzate o, con un pizzico di fortuna,nei ritrovi di book crossing, per esempio presso il bar “Carpano” di via Tortona. Il personaggio Roberto è la persona insignificante, egli è il vero brutto che non piace a nessuna, che gli amici non considerano, che gli estranei non vedono, che i genitori non riconoscono. Egli rappresenta il non inserito, il tipo al quale tutto va male, nulla quadra, tutto va storto. Roberto, tuttavia, sa ispirare tenerezza, simpatia, istinto materno, ed è qui che si rivela l’autore psicologo, l’umorista intelligente. A un personaggio che non fa sorridere per la sua arguzia e che, quindi, potrebbe essere visto con invidia e antipatia, ha preferito un personaggio rappresentato come essere inferiore, da aiutare, proteggere, guidare e del quale sorridere. Renzino è l’amico del cuore, l’immagine da cui attingere, a cui ispirarsi, da cui imparare. Egli è colui al quale tutto va bene, le donne lo vogliono, gli amici lo considerano, tutti lo rispettano. Egli accetta questa sua superiorità con noncuranza, la dà come cosa scontata e il povero Roberto incassa! Egli, da eterno sconfitto, accetta passivamente, quasi mai si arrabbia, spesso neppure si rende conto dell’ennesimo smacco subito. Forse alcuni troveranno il tema un po’ superato, ma l’umorismo non ha età, gli argomenti che fanno ridere non cambiano, ciò che cambia è il modo di affrontarli, e qui sono stati affrontati in modo più che mai arguto, inedito e intelligente. Benigni, allora, presenta i suoi spassosi monologhi, talvolta provocati da quell’impareggiabile interlocutore che è Renzo Arbore, dandoci la dimostrazione di un umorismo avanti di vent’anni. Ricapitolando, il chiodo fisso del fumettoso Roberto sono le donne, egli le ha sempre nella mente, ma loro lo ignorano, neppure lo vedono, si confida allora con il suo confessore, don Luciano, il quale con le sue risposte lapidarie e logiche, gli rende ancora più amare le sconfitte. Spesso, però, tale reazione viene solo provocata nel lettore, in quanto il personaggio sovente non si rende conto di nulla, non capisce e, grazie alla sua ingenuità, non dimostra alcun rammarico. Il personaggio di don Luciano mi permette di ricordare con tenerezza l’amico Luciano Camanini, scomparso di recente; la sua simpatia poteva senz’altro competere con quella del celebre attore toscano e le sue ilari conversazioni mi mancheranno come le figurine più rare nell’album della mia vita.
Mara Ferrari