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In Caritas per servire ed essere felice…

Collegio Santa Chiara

«È commovente e allo stesso tempo molto “duro” vedere persone in difficoltà, che fanno la fila per avere un pasto caldo. Anche se molti non parlano tanto, lo capisco dai loro occhi. Io cerco di mettermi al loro servizio e di fare la mia parte. Quando sono venuto in Caritas la prima volta, insieme con quasi tutti i miei compagni di Collegio, ricordo bene la signora che ha mostrato il passaporto ucraino alle mie amiche e ha raccontato loro parte della sua sofferenza. In questi momenti io cerco di ascoltare, con rispetto, concentrandomi sullo sforzo di non dire niente di inopportuno».

Riccardo Pastorino (nella foto sotto) è uno studente che risiede nel nostro Collegio Santa Chiara, ha 23 anni e frequenta il terzo anno di Scienze Biologiche all’Università del Piemonte Orientale. Fino all’anno scorso viveva a Parodi Ligure, e il suo sogno è lavorare come ricercatore in Università: «Il mondo universitario mi affascina, mi piace il fatto che i professori ti seguono molto nel percorso formativo.
Vorrei trovare nuove terapie, possibilmente anche una cura, per i tumori. Mio papà si è ammalato ma per fortuna è guarito, vorrei con il mio lavoro far crescere la popolazione di chi ce l’ha fatta».

 

Riccardo, come è nata la tua esperienza in Caritas?
«A Pasqua siamo andati tutti noi del Collegio, su proposta dell’équipe educativa, per fare un’esperienza di servizio in Quaresima. Abbiamo trovato il cibo già pronto, ci siamo occupati di distribuirlo ma anche di sparecchiare e pulire la sala. Mi è piaciuta molto come mattinata e così ho chiesto a Carlotta se potevo tornare a dare una mano: sono felice di avere la possibilità di fare qualcosa per il prossimo. Abbiamo chiamato il direttore della Caritas insieme e ho dato la mia disponibilità: quando posso, vado e mi metto a disposizione. Il servizio è tutta la settimana ma avendo lezione faccio fatica a organizzarmi con gli orari: la domenica invece è perfetto».

E cosa fai quando sei lì?
«L’ultima volta che ho prestato servizio sono arrivato alle 10 del mattino e sono rimasto fino alle 13. Ho dato una mano a sistemare la sala da pranzo e ad apparecchiare la tavola: quando gli ospiti sono arrivati, io mi sono occupato di servire l’acqua. A fine pasto, ho riordinato e pulito tutto. Tra i volontari, io ero l’unico ragazzo di vent’anni ma mi sono trovato molto bene con tutti. Non ci sediamo a mangiare con gli ospiti, ma se vogliono fare due chiacchiere io sono a disposizione».

Parliamo ora della tua esperienza al “Santa Chiara”. Consiglieresti a un tuo amico di venire a vivere lì?
«Lo consiglierei assolutamente: i primi due anni di Università li ho fatti da pendolare, poi mi sono deciso a prendere una stanza in Collegio e devo dire che è stata proprio un’ottima idea, soprattutto per le belle amicizie che sono riuscito a stringere. Il mio motto è: “Un anno vissuto in Collegio è come tre anni vissuti fuori”».

Come mai?
«Perché si passa davvero tantissimo tempo insieme, è come trovarsi catapultati in una famiglia allargata: se sei triste tutti ti danno una mano, se hai un successo gli altri gioiscono con te. Ovviamente si va d’accordo con tutti ma ci si confida con pochi, è normale, però il clima è davvero ottimo».

Cosa pensi degli incontri formativi di Collegio?
«Li trovo interessanti: affrontano temi di cui non parlerei normalmente a tavola con i miei compagni, e rappresentano quindi un’occasione per sapere cosa ne pensano su determinati argomenti. Sento i loro pareri, i loro ricordi d’infanzia: è un modo per conoscerli meglio. Quello che mi ha più colpito è stato l’incontro sul fallimento tenuto da Enzo (Governale, direttore delle Comunicazioni sociali della Diocesi, ndr): mi sono sentito rispecchiato ma ho anche trovato degli spunti importanti per provare a migliorare. E poi con il mio gruppo di amici qui in Collegio ritagliamo dei momenti in cui approfondiamo temi di attualità, ma anche di storia e di cultura in generale». 

Carlotta Testa: «Ascoltiamo i giovani che vivono da noi»

Carlotta, il Collegio per i ragazzi vuole essere un’esperienza importante anche sul piano umano. Che tipo di attività proponete ai vostri studenti, che siano anche di apertura alla comunità di Alessandria?
«Come équipe educativa cerchiamo di essere attenti a una proposta integrata che dia loro l’opportunità di fare nuove esperienze grazie al Santa Chiara, tra cui anche momenti di servizio e gratuità come quelli che vive Riccardo in Caritas. Nella stessa linea, abbiamo avuto dei giovani che nella loro città svolgevano attività in oratorio e che quindi ci hanno chiesto un punto di riferimento anche qui, dove poter proseguire il servizio. Cerchiamo sempre di indicare ai ragazzi le realtà dove potersi impegnare in questo senso. Il nostro vero punto è cercare di ascoltare davvero i giovani che vivono da noi e cogliere tra le righe quello che potrebbero essere delle nuove opportunità per loro. Di conseguenza, provare a rispondere rilanciando con una piccola proposta concreta, come il servizio ai poveri o in un oratorio».

Ci sono dei ragazzi che si appassionano alle proposte dell’équipe educativa e vengono a chiederti di fare qualcosa in più?
«Il percorso formativo di collegio può toccare diverse sensibilità ma non è detto che tutti si coinvolgano veramente e profondamente. Questo dipende un po’ anche da ciascuno, i ragazzi hanno caratteri e sensibilità diverse. Noi cerchiamo di esserci sempre, sperando che questo piccolo seme che gettiamo porti frutto nel tempo. Ho riscontrato nei ragazzi più volte il desiderio di mettersi in gioco su alcuni temi, per esempio il tema dell’affettività, delle relazioni e delle emozioni. Non è la prima volta che mi capita di sentire da parte dei ragazzi la voglia di soffermarsi su questi argomenti. Il nostro obiettivo è cercare di ascoltare davvero i giovani che vivono da noi».

 

Zelia Pastore

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