Intervista esclusiva ad Andrea Tornielli
Il nuovo romanzo del direttore editoriale dei media vaticani. Con la prefazione di papa Francesco
Andrea, questo è un libro un po’ particolare. Ci spieghi perché?
«Guarda, io ho scritto tanti libri, forse troppi (sorride), ma finora erano tutti saggi o biografie. Questo invece è la narrazione della vita di Gesù scritta in un modo diverso: è un racconto che ingloba tutte le parole del Vangelo, distinte dalle mie, con dei brevi commenti del Papa, inseriti nella narrazione e legati alla scena o al personaggio. Il libro nasce da una telefonata con un amico sacerdote di Torino, che mi ha suggerito di scrivere una vita di Gesù attraverso le omelie del Papa nelle Messe del mattino a Santa Marta durante il lockdown. Sono partito da quel suggerimento e ho sistematizzato i quattro Vangeli in un percorso cronologico preciso, indicando anno e, dove possibile, anche mese e stagione. Mi sono immaginato davvero presente in quegli episodi, descrivendo odori, sapori, colori, nomi e storie dei personaggi citati nel testo evangelico».
Non ti sei sentito un po’ in imbarazzo? Hai affrontato un personaggio “rilevante”.
«Sì, certamente. Mi sono messo in gioco, ho vissuto questo lavoro di narrazione legandolo al mio essere giornalista e cronista. Con penna e taccuino ho provato a descrivere la scena in diretta, come se fossi stato lì. Non è stato un lavoro di meditazione, ma di immaginazione. Scrivevo e immaginavo allo stesso tempo. Mi sono immedesimato».
Papa Francesco ha firmato la prefazione di questo libro. Cosa ti ha detto, quando glielo hai presentato?
«Mi ha incoraggiato ad andare avanti. Se riascoltiamo le omelie di Santa Marta vediamo che il Papa fa spesso questo lavoro di immedesimazione, “entra” nella scena evangelica. Nella prefazione, Francesco insiste sul fatto di avere un contatto quotidiano con Gesù, perché ogni rapporto ha bisogno di una frequentazione continua. Noi siamo poco abituati a immedesimarci con il Vangelo, ma in realtà farlo è di grande aiuto».
Che cosa hai scoperto di Gesù, scrivendo questo libro? Qualcosa che non ti saresti mai aspettato.
«La cosa che più mi colpisce è l’aver scoperto che la divinità di Gesù ha reso all’ennesima potenza la sua umanità. In Gesù noi vediamo l’umanità piena di qualcuno che sta di fronte alla realtà lasciandosi ferire, non da indifferente. Poi c’è l’aspetto divino della Misericordia: mettendo insieme le due cose emerge la straordinarietà assoluta della figura di Cristo. La gente che incontrava veniva “letta dentro”. Anzi, quanto più uno era lontano o peccatore, tanto più trovava una corrispondenza alla sua umanità».
A proposito di lontani e peccatori: la prima presentazione l’hai fatta il 27 settembre, giorno di uscita del libro, nella Casa di reclusione di Milano-Opera, alla presenza dell’arcivescovo di Milano Mario Delpini e del cantautore Roberto Vecchioni.
«È stata una scelta molto bella, nata dall’intuizione dell’amico Arnoldo Mosca Mondadori della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti. Abbiamo consegnato le bozze ai carcerati un mese prima della pubblicazione del libro, e con molti di loro è nato un dialogo bellissimo. In carcere si capisce come il Vangelo accade veramente: perdono e misericordia hanno uno spessore che “fuori” solitamente non trovi».
A chi è rivolto questo libro?
«A me piacerebbe che lo leggessero i “lontani” e i giovani. L’ho pensato per chi non frequenta troppo il Vangelo… L’auspicio è aiutare tutti a fare questo lavoro di immedesimazione: il Vangelo è l’incontro con una persona, è fatto di sguardi che ti possono colpire ancora oggi».
Hai dedicato il libro a tuo nipote Joseph: «L’augurio che possa incontrare il Protagonista di questo libro e che gli sia donata la grazia di lasciarsi attrarre da Lui». Non gli hai augurato di fare il bravo bambino, innanzitutto…
«No (ride). Penso che l’augurio più bello sia proprio quello di incontrare il protagonista del libro. E l’incontro con Gesù non è innanzitutto l’esito di un percorso, ma una Grazia. La fede non è mai l’esito garantito di qualcosa che facciamo noi, di uno sforzo. A noi tocca avere la curiosità di Zaccheo. Gli occhi aperti, quando Lui passa».
Andrea Antonuccio