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57a Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali

Parlare col cuore. «Secondo verità nella carità»

Clicca qui per leggere il messaggio di papa Francesco:

www.vatican.va/content/francesco/it/messages/communications/documents/20230124-messaggio-comunicazioni-sociali.html

 

Il grazie di papa Francesco ai giornalisti

Domenica 21 maggio, in occasione della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, sul tema “Parlare con il cuore”, dalla finestra del Palazzo Apostolico Francesco rivolge il suo saluto ai giornalisti e agli operatori della comunicazione presenti in Piazza San Pietro: «È il cuore che ci muove a una comunicazione aperta e accogliente», spiega ringraziando gli operatori della comunicazione per il loro lavoro con l’auspicio che «sia sempre al servizio della verità e del bene comune».

Il Papa quindi chiede ai fedeli in piazza un applauso per tutti i giornalisti. Al Regina Caeli è presente anche una delegazione dell’Ucsi, Unione Cattolica Stampa Italiana, che questa mattina ha partecipato ad una messa presso il vicino Centro San Lorenzo e che in questi giorni ha messo in atto diverse iniziative per celebrare la giornata.

Nel suo messaggio diffuso lo scorso 24 gennaio Francesco spiega che «l’appello a parlare con il cuore interpella radicalmente il nostro tempo, così propenso all’indifferenza e all’indignazione». «Nel drammatico contesto di conflitto globale che stiamo vivendo è urgente affermare una comunicazione non ostile. Abbiamo bisogno di comunicatori coinvolti nel favorire un disarmo integrale e impegnati a smontare la psicosi bellica che si annida nei nostri cuori». Forte l’invito ad andare controcorrente per sostenere le aspirazioni alla pace sull’esempio di san Francesco di Sales: «il suo atteggiamento mite, la sua umanità, la disposizione a dialogare pazientemente con tutti e specialmente con chi lo contrastava – scrive il Papa – lo resero un testimone straordinario dell’amore misericordioso di Dio».

Paolo Ondarza – Vatican news

Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede

In un tempo che ci sfida con la tecnologia sempre più avanzata qualcuno potrebbe domandarsi che senso ha parlare del cuore. […] Il cuore non rinnega la tecnologia, ma le dà un’anima, una storia, e un futuro. Così se vogliamo trovare la radice degli ultimi messaggi di Papa Francesco, quello di quest’anno e quello degli anni precedenti, è sempre qui che la troviamo: nel suo dirci che, sì, le tecnologie contano, ma cambiano, mentre la radice permane e la radice sta nella comunione.

La tecnologia ci permette oggi cose che erano impensabili solo pochi decenni fa. La tecnologia non ha solo trasformato il nostro mondo. L’intelligenza artificiale è parte di noi stessi. Siamo noi che la abbiamo inventata. Siamo noi che dobbiamo guidarla. Con il nostro cuore, che rende la nostra intelligenza unica. E ci sfida ad essere protagonisti del nostro futuro. Essa si basa sui nostri pensieri, sulla nostra capacità di connettere saperi. Ma anche sulla capacità di amare. Di non perdere il senso del limite. Di non pensarci uguali a Dio. E di sapere che ci sono — sempre ci saranno — cose che la tecnologia non può sostituire. Come la libertà. Come il miracolo dell’incontro fra le persone. Come la sorpresa dell’inatteso. La conversione. Lo scatto dell’ingegno. L’amore gratuito. E l’amore si basa su questa fragilità suprema che è il sentire il bisogno di amore, di amare e di essere amati, di donare e di donarsi. Qui è la radice di ogni comunicazione.

Per questo la connessione da sola non basta. Per questo abbiamo, più che il dovere, direi il bisogno di ritessere con il cuore l’unità del genere umano, quella comunione che ci unisce. Ma ecco il paradosso del nostro tempo. Siamo iperconnessi, e anche soli. Ognuno alla fine chiuso in se stesso. Per questo, oggi più che mai dobbiamo chiarire che la comunicazione non è in una sola direzione; che quella istituzionale non è solo distribuire comunicati e che quella giornalistica non è banalmente statica; la comunicazione è sempre stata dinamica e reciproca e oggi lo è ancora di più.

La comunicazione è radicata nella relazione, una relazione sincera, profonda, stabile. Di solito della comunicazione invece si parla in maniera funzionale. L’insegnamento della Chiesa è quasi all’opposto. La ragione per cui il Concilio ha riservato una così grande attenzione alla comunicazione sociale non è funzionale, è comunionale. La ragione per cui pensò, sull’esempio di san Paolo, che si dovesse fare anche una colletta universale su questo, non è banalmente economica; è anche questa intrinsecamente legata con la comunione delle Chiese.

In sintesi si può affermare che non c’è comunicazione se non c’è comunione. E non c’è comunione se non c’è comunicazione. Ci può essere marketing, pubblicità, connessione, ma senza una relazione vera non c’è vera comunicazione. La stessa ragione della crisi attuale dei media può essere trovata qui. In questo senso, la creatività comunicativa non sta solo nella capacità di scrittura, di ripresa fotografica cinematografica, di montaggio ma anche in quella di tessere una relazione profonda fra le persone. A questo proposito si potrebbe forse avviare anche una riflessione sul modello economico della società della comunicazione. Il mercato da solo non risolve tutto. E sul fatto che la comunicazione, l’informazione, come l’istruzione, è un bene pubblico e come tale va difeso, perché da esso dipende il futuro delle nostre democrazie.

Come cristiani penso che avremmo molto da dire su questo. Sull’importanza di tessere una rete basata sulla condivisione e non sul profitto. Una rete che non si accontenta della connessione, del marketing, del chiacchiericcio o del frastuono, che non cede al narcisismo individualista o alla retorica dell’autocompiacimento, ma cerca una comunione vera. Una rete tessuta con il cuore.
La Chiesa infatti era una rete prima che la rete fosse il web.

La comunicazione che tesse la nostra comunione non è né tecnologica né funzionale, ma relazionale. Non è una scienza, non è una tecnica, ma un’esperienza costruttiva, attiva, partecipata.
Questo significa parlare con il cuore e ascoltare, come dice il Papa: «Costruire, non distruggere; incontrarsi, non scontrarsi; dialogare, non monologare; capirsi, non fraintendersi; camminare in pace, non seminare odio; dare voce a chi non ha voce, non fare da megafono a chi urla più forte». Solo dopo aver visto con gli occhi del cuore, ascoltato con l’orecchio del cuore, infatti, sapremo capire e parlare con il cuore.

Certo, misuriamo ogni giorno la difficoltà di essere all’altezza di questo compito. Le dinamiche dei media e del mondo digitale, troviamo scritto nella Laudato si’, «quando diventano onnipresenti, non favoriscono lo sviluppo di una capacità di vivere con sapienza, di pensare in profondità, di amare con generosità. I grandi sapienti del passato, in questo contesto, correrebbero il rischio di vedere soffocata la loro sapienza in mezzo al rumore dispersivo dell’informazione».

Siamo sommersi di informazioni non verificate, senza contesto, senza memoria, senza una lettura consapevole. E senza cuore. Il primato della velocità impedisce spesso il controllo, la verifica, il discernimento. Alimenta la chiacchiera. Indurisce i cuori. Oggi l’intelligenza artificiale ha spostato ancora più in là il confine, e minaccia di cambiare radicalmente o addirittura di sostituire (secondo alcuni) il ruolo dei giornalisti e dei comunicatori.

Anche a questo risponde il messaggio di Papa Francesco, quando ci invita a usare l’amore (l’unica cosa preclusa alle macchine, e agli algoritmi) come regola. In un tempo dove la tecnologia rischia di diventare tecnocrazia dovremmo testimoniare un nuovo umanesimo cristiano, dove la tecnologia è per l’uomo e non contro l’uomo.

Paolo Ruffini, da L’Osservatore Romano
del 20 maggio 2023

Il testo integrale e altre risorse
su bit.ly/editorialeRuffini

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