Pasqua 2022: intervista al nostro vescovo Guido Gallese
Eccellenza, siamo a Pasqua. Il mondo è a pezzi: guerre, pandemia, crisi internazionali… I rapporti umani, anche quelli tra vicini e familiari, sembra si stiano sgretolando. In tutto questo, dov’è Gesù che risorge?
«Noi vediamo soltanto un pezzo della realtà, perché siamo dotati di occhi che ci fanno vedere soltanto il visibile. Ahimè, l’occhio per l’invisibile non ce l’abbiamo… se ce l’avessimo, non avremmo più bisogno della fede. Perché la fede è lo sguardo sulla realtà, e la speranza è il rimanere fermi in quello sguardo contro ogni avversità. Non abbiamo lo sguardo spirituale: per certi versi siamo ancora ciechi, e il nostro occhio è la fede. Gli occhi del nostro corpo ci aiutano a valutare le cose, sempre a immagine e somiglianza della nostra interiorità. D’altronde, da secoli sentiamo dire che le cose vanno sempre peggio. Ma non è vero, abbiamo fatto dei progressi».
Quindi chi non ha fede vede solo l’apparenza?
«Chi non ha fede vede comunque le cose come stanno. Non è “apparenza” che Gesù sia morto in croce, è una realtà: chi non ha avuto fede ha visto Cristo morire in croce, ma non l’ha visto risorgere. La differenza sta qui».
Il centurione ha visto Gesù morire in croce, ha riconosciuto che è il figlio di Dio, ma non ha visto la resurrezione…
«Non abbiamo elementi per affermare che non abbia visto Gesù risorto. Tuttavia per credere gli è bastato vederlo morire… La realtà è talmente frammentata che riuscire a mettere insieme i pezzi giusti non è un atto meccanico, ma chiede un atteggiamento interiore. In più, c’è anche il peccato originale! Noi, nella nostra conoscenza, siamo guidati dalla volontà, e se la volontà sta cercando qualcosa di erroneo, il nostro intelletto difficilmente vedrà ciò che la volontà non sta cercando. In realtà, chi crede sente che qualcosa non quadra, che la realtà non dà ragione di se stessa, e allora cerca in quella direzione. Alcuni escludono Dio a priori, e non cercando in quella direzione non troveranno nulla. Per questo la fede non è una semplice forma di conoscenza, ma chiede un’apertura interiore, “una ragione allargata”, come diceva papa Benedetto XVI, che ci porta a questa visione del reale. Che è la fede».
Ma la realtà ci aiuta a vedere davvero le cose che accadono? Se posso portare un’esperienza personale, ricordo che due anni fa la mia Pasqua la passai in ospedale per il Covid, e fu una Pasqua davvero profonda, in compagnia di Cristo. Adesso che sto bene sono distratto da mille cose, e quella intensità di coscienza non ce l’ho più…
«Quando siamo di fronte alla morte, più facilmente cogliamo l’essenziale. Facciamo i conti con tutta una serie di cose a cui prima non pensavamo. Per cui, cercando l’essenziale, lo sguardo di fede diventa predominante, e ci rendiamo conto che è lo sguardo giusto sulla realtà. Se invece non abbiamo a che fare con la morte, ma abbiamo una vita tutto sommato tranquilla e le cose che abbiamo ci rendono autosufficienti, diventiamo pigri come i cavalli bolsi. Non siamo più capaci di dare uno sguardo al reale, diventa uno sguardo teorico, perde il suo spessore esistenziale».
Eccellenza, lei com’è arrivato a questa Pasqua?
«Sono arrivato in un vortice di attività, perché questo Sinodo è un’occupazione forte per me: penso alle Unità pastorali, alla riforma della curia… Ecco, tutto sta cambiando e questo chiede a me uno sforzo grande. Certamente con qualche punto fisso riguardante la mia vita. Tutto sommato, in questa grande fatica, in cui sento di essere in prossimità dei miei limiti, sono arrivato centrato sul Signore. Forse proprio grazie alla fatica».
I suoi auguri a tutta la Diocesi di Alessandria.
«Il mio augurio è che, attraverso la grande fatica delle Unità pastorali che ci chiedono di ripensare da zero la nostra vita cristiana, possiamo esser capaci di fissare lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della nostra fede. Fissare lo sguardo su di Lui e riuscire a far ruotare la nostra vita attorno a Lui, piuttosto che attorno alle cose che facciamo».
Chi è Gesù per lei?
«Gesù è uno che si è preso cura di me, e non ho nemmeno capito con quale intenzione (sorride). Sto comprendendo adesso, un po’ di più, il significato del sacerdozio battesimale. Ma da qui a coglierlo del tutto, non so… anche la Cresima la sto contemplando sempre di più. Mi impressiona quando, nell’Apocalisse, i Santi escono fuori da sotto l’altare degli olocausti e dicono: “Fino a quando aspetterai, o Signore santo e veritiero, per fare giustizia e vendicare il nostro sangue su quelli che abitano sulla terra?”. La risposta è che viene data loro una veste bianca e devono attendere, finché non sia completo il numero di persone che devono morire per Dio. Dopodiché viene mandato un Angelo con un sigillo per segnare quelli che sono di Dio, affinché vengano preservati. Visto che nell’Apocalisse l’Angelo sembra essere il pastore della chiesa, mi ha fatto impressione pensare che io giro la mia Chiesa segnando con il sigillo dello Spirito Santo: “Ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono”, portando nelle comunità il sacramento della testimonianza, martyria. Che cosa saremmo se capissimo davvero quello che facciamo!».
Andrea Antonuccio
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