La recente tornata elettorale per il rinnovo di molte amministrazioni locali ci consente di riflettere sui cambiamenti della politica nel nostro Paese. Lo abbiamo fatto con l’on. RenzoPatria per la sua lunga esperienza di sindaco e di parlamentare.
Come era la politica nell’ultimo quarto del secolo scorso?
I politici di quell’epoca venivano dalla gavetta. Con una metafora, avevano fatto l’asilo, le elementari, le medie, le superiori e l’università, propedeutiche per l’impegno politico. Quindi, di improvvisati non ce n’erano. Il politico nasceva dal contatto con la gente. Io sono nato da un contatto con il mondo cattolico.
Oggi com’è cambiato il modo di far politica?
La situazione è cambiata perché nei primi anni ’90 sono stati distrutti i grandi partiti italiani (DC, PSI, PCI) anche se in modi diversi. A mio avviso, il cambiamento è dovuto alle conseguenze
delle iniziative assunte nel ’94 dal cosiddetto pool di “mani pulite” che ha praticamente creato un dissesto in buona parte delle forze politiche italiane, quelle che comunque avevano contribuito
alla rinascita del Paese, ivi compresi quelli che non erano mai stati al governo.
Il tentativo di recupero che è stato fatto tuttora registra grandissime difficoltà a creare un assetto delle attuali forze politiche che, peraltro, non hanno più le strutture degli organi dirigenti, la capacità di adesione, i collegamenti con la società civile.
Queste difficoltà le hanno incontrate i governi di centro-destra e di centro-sinistra. Sia gli uni che gli altri, non avendo più le caratteristiche di partito, hanno avuto difficoltà a raggiungere gli obiettivi che si prefiggono. Infatti, hanno l’intuizione di ciò che debbono fare ma incontrano le difficoltà a poterle realizzare proprio perché non c’è più lo strumento di collegamento dei
partiti. Ci sono singole personalità che avrebbero le capacità, nelle rispettive leadership, di poter esprimere ancora una direzione che persegua gli obiettivi. Il problema è rappresentato dall’assenza di omogeneità di sforzo per raggiungere quegli obiettivi.
Cioè, quando esistevano i partiti il leader non era il padrone del partito ma colui che sapeva fare sintesi politica fra le varie anime.
E ci sono mille esempi anche in casa democristiana: quando era l’ora il leader superava anche il campanilismo interno. Voglio ricordare un particolare. Partimmo da Alessandria convinti di
andare a Roma al congresso della DC per votare Forlani ma nella notte Moro e Fanfani, ritenendo che fosse opportuno per il Paese e per la stessa DC, decisero che fosse eletto De Mita segretario
del partito. Questa è la grande diversità che dà il senso dello Stato superando il condizionamento interno di partito.
Calandoci nella realtà locale, Renzo Patria è stato sindaco di Frugarolo, un piccolo Comune della nostra provincia ma che aveva ed ha ancora attività importanti nel suo territorio.
Come è cambiato l’impegno per un amministratore di un piccolo Comune. Tutto il mio divenire è nato lì. Il mio parroco, don Nanino, individuò questo ragazzo (Renzo Patria, ndr) che, di sera alle Acli e di giorno nell’altro bar sapeva tutto. In occasione delle elezioni comunali mi chiesero di candidarmi e, pur eletto in minoranza, arrivai a ridosso del sindaco in quanto a preferenze.
Mi appassionai ai bilanci e alle finanze degli enti locali fino ad occuparmene in parlamento come presidente della Commissione Finanze della Camera dei Deputati. La mia vita politica è
cominciata a Frugarolo ed è stata un’esperienza bellissima. Il Comune gestiva buona parte delle entrate ma oggi è sostanzialmente fuori gioco perché le riceve indietro dallo Stato, e non tutte. Quindi, praticamente la capacità di operare in autonomia con le risorse che aveva il Comune è stata sminuita.
Oggi è necessario riscoprire o reinventare una serie di ipotesi per far ritornare di nuovo la politica al centro dell’attenzione e al centro del servizio alla gente?
Certamente questa necessità c’è. Bisognerebbe ricominciare dal ricostruire i partiti per coinvolgere il cittadino. Per il mondo da cui provengo, ma vale anche per tutti gli altri, bisogna
cominciare dall’oratorio che è una realtà anche civica e che diventa propedeutica per mettere in piedi un desiderio di civismo, di stare insieme, pensando al proprio paese o alla propria città
e, di riflesso, alla nazione in cui si vive.
Da lì è tutta una catena perché i partiti se esistono mettono in moto il collegamento con tutte le realtà sociali, sindacali, imprenditoriali, culturali e cioè la società civile.
Se da lì rinasce una possibilità di iniziativa coesa ognuno, come è sempre avvenuto, si muove nella propria direzione. Oggi, questo è ancora più urgente di fronte alla globalizzazione.
Innanzitutto vale per poter essere presenti in Europa strutturati in questo modo, per poter continuare ad avere un ruolo e non diventare marginali.
Marco Caramagna