San Girolamo è uno dei significativi dottori della Chiesa. A lui si deve la traduzione in latino della Bibbia, detta Vulgata, che nella sua versione “aggiornata” resta il testo ufficiale della Chiesa latina.
Originario probabilmente dell’attuale Istria, dopo una vita mondana ricevette il battesimo verso i vent’anni; nel 382 si trasferì a Roma, ove il papa Damaso, conoscendo la sua fama di asceta e la sua competenza di studioso, lo assunse come segretario e consigliere, mentre fu guida di diverse persone dell’aristocrazia romana.
Dopo la morte del Pontefice, san Girolamo lasciò l’Urbe nel 385 e intraprese un pellegrinaggio, dapprima in Terra Santa e poi in Egitto, terra di elezione di molti monaci. Nel 386 si fermò a Betlemme, dove, per la generosità della nobildonna Paola, furono costruiti un monastero maschile, uno femminile e un ospizio per i pellegrini.
Si spense nella sua cella, vicino alla grotta della Natività, il 30 settembre 419/420. Ora le edizioni Città Nuova pubblicano, con originale latino a fronte, i suoi Commenti ai profeti minori (pp 338, euro 72), ossia Naum e Michea, in cui confronta con straordinaria acribia il testo ebraico e quello greco detto “dei Settanta”, tra loro spesso molto discordanti, come san Girolamo stesso rilevò (p. 189). Per lui i commentari devono offrire molteplici opinioni, «in modo che il lettore avveduto, dopo aver letto le diverse spiegazioni e dopo aver conosciuto molteplici pareri – da accettare o da respingere –, giudichi quale sia il più attendibile e, come un esperto cambiavalute, rifiuti la moneta falsa».
Si chiese Benedetto XVI nel 2007: «Che cosa possiamo imparare noi da San Girolamo? Mi sembra soprattutto questo: amare la Parola di Dio nella Sacra Scrittura. Dice San Girolamo: “Ignorare le Scritture è ignorare Cristo”. Perciò è importante che ogni cristiano viva in contatto e in dialogo personale con la Parola di Dio, donataci nella Sacra Scrittura».
Fabrizio Casazza