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«C’è paura di chiudere, ma anche di continuare così per mesi»

Le voci dei ristoratori

Il nuovo Dpcm tocca anche le attività che non svolgono servizio alla sera. Incertezza, paura e tanti interrogativi. È questo il quadro che ci racconta Stefano Melotti, 42 anni, che con la moglie Maria gestisce il bar e tavola calda “Pausa Caffé”, in via dei Guasco 13, ad Alessandria.

Stefano, cosa ti spaventa di più questi di nuovi provvedimenti?
«Sicuramente l’insicurezza e la paura che incutono nelle persone, ed è l’aspetto che ci penalizza di più a livello commerciale. Se tutti ci fossimo comportati secondo i dettami, cosa che quest’estate in giro non si è vista, non saremmo arrivati a questo punto. Ritengo questa scelta comunque sbagliata. Le opzioni erano due: lasciare tutto come quest’estate oppure fare un altro lockdown per fermare il contagio».

Arriveranno gli aiuti promessi?
«Ci vorrebbe una palla di cristallo (sorride). Nel periodo d’emergenza qualcosa è arrivato, ma eravamo in un’altra situazione. L’impressione è che le istituzioni siano andate in sofferenza con le risorse stanziate prima, e adesso non so quanto possano aiutarci. Noi economicamente ci perdiamo, stando aperti…».

Cosa chiedete al governo?
«Per prima cosa è difficile quantificare una perdita. Per noi la pausa pranzo è scesa da 20 persone a 5, per esempio. Abbiamo dei clienti che venivano a pranzare con i figli che uscivano da scuola, ma adesso con la didattica a distanza almeno fino a fine novembre non li rivedremo più. Per questo diventa davvero complicato aiutare un’attività senza conoscere le reali difficoltà. Aveva più senso prendere dei provvedimenti prima, non adesso».

Avete avuto un calo dall’inizio dell’autunno?
«Abbiamo avuto un’ottima risposta estiva: i clienti sono tornati anche a luglio e ad agosto, mesi che nella normalità sono più “vuoti”. Questo anche per la fiducia che hanno nel nostro lavoro: sanifichiamo, puliamo e cerchiamo di rispettare al meglio i protocolli. La gente si sentiva sicura. Dal decreto in poi si è riazzerato tutto, sembra di essere tornati alla riapertura dopo il lockdown».

Avverti paura?
«La paura è tanta, si sente. Soprattutto perché c’è la consapevolezza che questo limbo si può protrarre ancora per molto tempo. Fin quando non ritorna la fiducia i consumi non ripartiranno. Anch’io, lo ammetto, non ho più fiducia nell’andare a mangiare in un ristorante. Mi fido solo se conosco i ristoratori, e ci sono quelli che hanno sempre lavorato bene».

Sono restrizioni che toccano non solo i locali…
«Non invidio i proprietari di palestre e piscine, forse hanno speso molto di più di noi per igienizzare e mettere a norma le strutture. Adesso tutto quei soldi investiti non servono a nulla. Se fosse successo a me sarei ancora più afflitto».

C’è paura di chiudere?
«Sì, la paura c’è. Ma c’è anche la paura di continuare così per quattro mesi. Come dicevo prima, dobbiamo capire qual è il male minore: se chiudere tutto per un mese o trascinarci avanti così ancora per tanto tempo. Non so quale possa essere la soluzione. Non sono sfavorevole a un altro lockdown, che sia breve ma efficace. Però devono garantirmi che in un lasso di tempo ragionevole riusciamo ad abbattere questa paura. Altrimenti sarà davvero dura rialzarsi».

Alessandro Venticinque

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